Esplorazione subacquea della gondola lariana a Tremezzo
Un bellissimo racconto scritto per Daily Nautica da Paolo Ponga, che narra l’esplorazione subacquea della gondola lariana affondata a Tremezzo. Una storia affascinante che coglie appieno il fascino del lago di Como e dei suoi tesori custoditi nel fondo delle sue acque scure. Riportiamo alcuni passaggi e il video pubblicato su YouTube. Il relitto, che si pensava inizialmente appartenere a una Lucia, è stato ritrovato in ottime condizioni: il legno di castagno si è indurito e non sfaldato, grazie anche al perfetto lavoro di impermeabilizzazione effettuato.
“Eravamo cinque subacquei – racconta Paolo Ponga – durante la prima immersione ci perdemmo all’istante, rimanendo in due. Risaliti ritrovammo gli altri. Rinunciare? Mai. Ci legammo quindi con una sagola, convinti che non ci sarebbero stati né pericoli né corrente. Fui io a trovare l’imbarcazione, dando una tremenda capocciata al fasciame, poi arrivarono i miei compagni. Non riuscimmo a distinguere molto, tranne le tavole, i cerchi di legno che sostenevano il telone che proteggeva il carico, costituito da piccoli sacchi bianchi che la fonte sosteneva essere di farina. Vidi un paio di belle bottatrici, entrambe stupite dei grossi animali neri che giravano sul fondo emettendo bolle”.
“Fu comunque bello scoprire il relitto di una barca sul fondo del lago. Occorreva, però – aggiunge Ponga – tornarci durante il periodo invernale, quando le acque diventano più limpide. Lo feci altre tre volte, sempre a gennaio, scoprendo, con una visibilità migliore, che non si trattava di una “Lucia” ma di una Gondola Lariana. Il Lago di Como, chiamato anche Lario, è stato per secoli la via naturale per il collegamento della Pianura Padana con le valli alpine e la Svizzera. Le strade costruite sulle sponde del lago sono assai recenti: quella orientale fu costruita alla fine del Settecento da Maria Teresa d’Asburgo, mentre quella occidentale è stata completata addirittura agli inizi del secolo scorso”.
“Naturale, quindi, che la via principale di collegamento di merci e persone fosse costituita dal lago stesso, solcato da un gran numero di imbarcazioni a vela o a remi. Il trasporto era favorito anche dai due venti principali che si alternano sulle sue acque: una brezza che dal mattino presto soffia da nord, chiamata Tivano, sostituita verso mezzogiorno dalla Breva, un vento costante e più caldo che proviene dalle pianure meridionali. Le acque del lago erano quindi colme di battelli di legno, che creavano una fitta ragnatela di traffici: c’era il grande comballo e le tradizionali barche con i “cerchi”, come la gondola, il navet e il batél (la Lucia). La data dell’affondamento non è certa ma in molti ipotizzano l’inverno a cavallo tra il 1910 e il 1911. A causare l’incidente sarebbe stato uno spostamento del carico o, più probabilmente, una tempesta improvvisa causata dai venti che talvolta giungono dalla Valtellina: può sembrare strano a chi non conosce queste acque ma a volte il vento e le onde fanno davvero paura nel Lago di Como”.
“Lo scafo – scrive Paolo Ponga – ha una lunghezza di poco meno di 20 metri, con una larghezza massima di 5,20 e con le murate alte circa 1,80. Le condizioni del relitto, che poggia sul lato sinistro, sono ottime: il legno di castagno si è indurito e non sfaldato, grazie anche all’ottimo lavoro di impermeabilizzazione effettuato all’epoca. Bellissima la prua filante ma ancora di più la tonda poppa, con l’imponente timone che si chiamava “guernàc“. Degli originali tre archi che sovrastavano la parte poppiera, ancora due sono al loro posto, mentre il terzo giace all’interno della barca, così come il grande albero, abbattuto sul lato di sinistra. L’interno è pieno di piccoli sacchi bianchi, che, secondo la mia fonte di molti anni fa, dovevano contenere farina, tuttavia, sono duri come cemento e incollati l’uno all’altro, facendo piuttosto propendere per un contenuto di gesso o di calce”.
“Essendo situata su un fondo sabbioso, la Lucia di Tremezzo è sempre piena di vita: grosse bottatrici, piccole spugne bianche d’acqua dolce, molti molluschi e grandi banchi di persici sono ben visibili dentro e fuori il relitto. L’immersione, se svolta con buona visibilità, è semplice e assai affascinante. Occorre, però, scegliere la stagione giusta ed essere fortunati.