Il Superbonus, introdotto dal Decreto Rilancio nel maggio 2020, ha generato un grande equivoco e ha causato più problemi che benefici. Secondo stime del governo, finora ha comportato una spesa di 100 miliardi di euro per la riqualificazione energetica e la riduzione del rischio sismico, oltre ad altri 50 miliardi per altre tipologie di interventi. L’idea di rimettere a posto il condominio a spese dello Stato e guadagnando il 110% della spesa si è rivelata un’illusione. Il 10% in più avrebbe dovuto coprire i costi bancari, poiché le banche non avrebbero assunto i crediti fiscali gratuitamente. Inoltre, mancava un sano contrasto di interessi tra chi paga e chi incassa, e i costi sono lievitati, con lo Stato che ha dovuto sostenere le spese.

Il Superbonus prevedeva tre tipi di pagamento: il pagamento completo con detrazione del 110% in cinque anni, la cessione del credito fiscale a una banca o lo sconto in fattura da parte dell’impresa. A causa delle limitate capacità finanziarie dei condomini, le opzioni più utilizzate sono state la cessione del credito fiscale o lo sconto in fattura. Tuttavia, le aspettative erano troppo alte e molti condomini pensavano di poterci guadagnare. Gli amministratori condominiali si sono trovati sotto pressione, soprattutto durante la pandemia, quando le assemblee condominiali in presenza erano impossibili da organizzare. Si pensava che si potesse rimettere a posto la casa gratuitamente, ma la realtà è stata diversa.

La legge era ben scritta, ma i decreti attuativi e l’Agenzia delle Entrate hanno introdotto restrizioni e complicazioni. All’inizio, le cessioni del credito fiscale potevano essere effettuate all’infinito, generando truffe. Gli amministratori si sono trovati a gestire le pressioni dei condomini e le difficoltà e responsabilità legate all’avvio del Superbonus. Sono stati coinvolti molti professionisti, come progettisti edili e termotecnici, direttori dei lavori, coordinatori della sicurezza, asseveratori e fiscalisti, ognuno dei quali si assumeva una parte di responsabilità.

A partire dal novembre 2021, le banche hanno iniziato a peggiorare le condizioni di acquisto dei crediti fiscali e, in alcuni casi, hanno addirittura rifiutato di assumerli. Le imprese hanno avuto ancora più difficoltà. Nel 2022, i crediti si sono completamente bloccati, creando enormi problemi per coloro che avevano già iniziato i lavori. Una proroga ha esteso i tempi fino al 2023, ma se i lavori non saranno completati entro il 31 dicembre di quest’anno, lo sconto scenderà al 70%. Ci sono quindi rischi di contenziosi tra condomini e imprese, con il rischio che alcuni cantieri vengano abbandonati e i lavori sospesi o interrotti.

Questa esperienza ha generato più ombre che luci. Le procedure sono state complesse e l’Agenzia delle Entrate ha introdotto restrizioni per evitare abusi. Le continue modifiche normative e fiscali hanno causato grandi difficoltà. Ci sono state anche distorsioni di mercato, con la possibilità di alzare i prezzi se il pagamento era effettuato da un’altra parte. Inoltre, molte imprese non erano preparate per l’applicazione delle misure e i committenti avevano scarso controllo sui lavori. Il Superbonus è stato introdotto durante la pandemia, quando c’era una grande richiesta di lavori edili. Tuttavia, il clima è cambiato quando ci si è resi conto che i condomini erano quelli a pagare per l’efficientamento energetico.

Nonostante tutto, in alcuni casi il Superbonus è stato utile, soprattutto per gli immobili che ne avevano effettivamente bisogno. Tuttavia, è emerso che per usufruire delle agevolazioni fiscali è necessario avere la casa a posto dal punto di vista urbanistico. Ora, il legislatore dovrebbe trovare soluzioni per risolvere la situazione dei crediti incagliati, altrimenti si rischia di avere cantieri sospesi, aziende in difficoltà e disagi sociali. È importante imparare dagli errori e migliorare le politiche per la riqualificazione energetica e la riduzione del rischio sismico, al fine di ottenere risultati concreti senza generare ulteriori complicazioni.

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