Brescia insolita

Esistono luoghi che per cause oscure sembrano dare origine a leggende e superstizioni più di altri. Forse per la particolare conformazione del terreno, delle rocce, della vegetazione o per dicerie messe in giro per scherzo o tornaconto personale, o ancora per antiche credenze che si sono fuse con eventi realmente accaduti. Sedimenti psichici talmente fusi tra loro da non permetterne la ricostruzione, un palinsesto mentale ormai perduto che affascina nella propria enigmaticità. La fitta foresta che anticamente circondava il borgo di Drugolo, alle porte del Garda e oggi quasi scomparsa, è quasi una metafora della sua memoria, dispersa in piccoli tratti dalle forme curiose, spaccata da lunghe distese coltivate all’ombra dell’antico castello. Questo è fondato come convento in epoca longobarda, trasformato in struttura difensiva nel corso del medioevo e mutato in raffinata residenza rinascimentale nel XIV secolo. Con la sua mole a pianta quadrata e sormontata da tozze torri è l’unico vero muto testimone dei fatti avvenuti nella Selva.

Prima dimora delle creature selvagge e pericolose, poi casa degli dei dagli istinti primevi, rifugio di briganti, di soldati sbandati, di disperati, di eremiti, ma anche luogo pieno di vita, fonte di sostentamento e paesaggio interiore. L’oggetto più antico che testimonia la storia della Selva è un mattone, ancora oggi conservato, che testimonia che dal 1445, in una radura immersa nel verde, viene edificato un lazzaretto che accoglieva gli appestati di Drugolo e Padenghe durante una delle epidemie più devastanti della storia bresciana. Il luogo viene utilizzato come cimitero degli appestati.

Poi arriva una leggenda ricorrente, ambientata nel 1513, durante gli scontri tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. Quest’ultima è alleata con l’esercito imperiale che sul Garda semina terrore. La popolazione locale si rifugia nella Selva dove viene aggredita da un lato dagli sbandati che vivevano lì, dall’altro sterminata dai soldati tedeschi assetati di sangue. Per tutta la notte si sentono urla di dolore provenire dal bosco e, la mattina seguente, nessun superstite. La Selva, nell’immaginario popolare, diventa un “locus horridus”, pieno di mistero e creature sovrannaturali. Qualche decennio dopo, a metà del ‘500, durante i lavori di costruzione di un edificio sacro dei frati cappuccini, una notte vengono osservati “molti lumi danzare sopra la fabbrica del convento”, interpretati come forze ultramondane.

Storie di fantasmi e passaggi segreti cominciano a diffondersi tra il popolo. Altro episodio inspiegabile nei “diari Bianchi” alla data 13 settembre 1636, dov’è riportato che all’alba, nella foresta di Drugolo, cinque frati cappuccini, uno dei quali ammanettato per qualche reato commesso, incontrano l’apparizione di San Francesco che perdona e libera il colpevole. Nel 1723 il Santuario dei Morti è ricostruito e nel 1783 la foresta è disboscata scacciando i banditi dalla zona. Rimane l’alone leggendario del luogo che all’inizio del XIX è testimone di un altro episodio inquietante dove delle ragazze si sarebbero suicidate in una pozza i calce viva per fuggire alle violenze dei soldati di Napoleone. A ricordo di questo cruento episodio una semplice croce di legno all’interno del santuario.

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