Lavoro nero in Italia: la maggioranza dei lavoratori in nero sono italiani
Dai dati emersi dalle attività della Guardia di Finanza nella provincia di Como, emerge una situazione preoccupante riguardo al lavoro nero in Italia. Nel 2023, infatti, sono stati scoperti 256 lavoratori in nero, senza alcuna tutela e sottopagati. Le Fiamme Gialle hanno effettuato 241 controlli in 66 comuni della zona comasca.
La maggioranza di questi lavoratori, 150 per la precisione, sono italiani, mentre gli altri sono di diverse nazionalità, come egiziani, turchi, pakistani e cinesi. Altre nazionalità coinvolte sono Albania, Argentina, Bangladesh, Brasile, Sri Lanka, Colombia, Cuba, Egitto, Francia, Ghana, Regno Unito, Libano, Marocco, Moldavia, Nigeria, Polonia, Romania, Russia, Senegal, Somalia, Svizzera, Tunisia, Ucraina, Ungheria, USA, Uzbekistan, Timor Est e Venezuela.
Il settore economico con la maggior presenza di lavoro nero è quello della ristorazione, con ben 168 violazioni riscontrate. Durante questi interventi, sono state inflitte 160 sanzioni ai datori di lavoro e per 105 esercizi commerciali è stata richiesta la sospensione dell’attività, dal momento che oltre il 10% dei lavoratori impiegati non aveva un regolare contratto di lavoro. Questa sospensione è stata poi revocata dopo la regolarizzazione delle posizioni lavorative irregolari e il pagamento delle sanzioni.
I titolari degli esercizi sanzionati sono principalmente italiani, seguiti da egiziani, cinesi, turchi e pakistani. I controlli della Guardia di Finanza sono finalizzati a contrastare l’illegalità nel sistema economico, a tutela delle imprese che operano nel rispetto della legge e a salvaguardia dei lavoratori. Questi ultimi, lavorando senza un regolare contratto di assunzione, non godono di alcuna copertura previdenziale e assicurativa, con conseguenze significative sia sulle aspettative pensionistiche e assistenziali, sia sulle garanzie di sicurezza sul lavoro.
In questo contesto, particolare importanza assume un’attività recente della polizia giudiziaria, condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Como su delega della Procura della Repubblica di Milano, per contrastare il caporalato nel settore della vigilanza privata. L’indagine ha evidenziato un diffuso e sistematico sfruttamento dei lavoratori, spesso assunti con contratti inferiori a quelli dovuti e retribuiti in modo sproporzionato rispetto al lavoro svolto (con paghe orarie anche inferiori a 5,5 euro lordi l’ora). Grazie all’attività investigativa, è emerso che numerosi dipendenti sono stati costretti ad accettare condizioni di lavoro disagiate a causa delle loro difficoltà economiche, a svolgere mansioni non previste contrattualmente e a lavorare molte ore straordinarie.
A seguito di ulteriori approfondimenti, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha disposto il controllo giudiziario di due aziende leader nel settore. Dopo l’emissione di questa disposizione, le imprese coinvolte hanno aumentato il livello di remunerazione dei propri dipendenti, con un incremento salariale del 38% per un totale di 7.000 lavoratori.
Questi dati evidenziano la necessità di un’azione continua e decisa per contrastare il lavoro nero in Italia, al fine di garantire la tutela dei lavoratori e il rispetto delle leggi nel mondo del lavoro.