Inchiesta: Sequestrati decine di migliaia di capi. A uno degli indagati la Gdf trova 144mila euro in contanti. Come funzionava il giro: dai fornitori ai venditori finali

Un’indagine della Procura di Milano e della Guardia di Finanza di Como ha portato al sequestro di decine di migliaia di capi contraffatti, per un valore complessivo di un milione di euro, immessi nel mercato nero in tutta Italia. Sette uomini sono stati accusati di aver realizzato o fatto parte di un’associazione per delinquere specializzata nella contraffazione di marchi di lusso. Tuttavia, il conto potrebbe essere ancora più alto, visto che durante le perquisizioni sono stati sequestrati oltre 21mila capi e accessori contraffatti, 144mila euro in contanti, un chilo di gioielli in oro, argento e pietre preziose, e un paio di orologi di lusso ad Alessandro Saudella, considerato il principale responsabile dell’organizzazione. Ai fratelli Cappelletti, della 2C di Cantù, sono stati sequestrati oltre 82mila capi e accessori presumibilmente falsificati e 360 metri di stoffa con marchi di lusso riprodotti.

L’indagine è iniziata seguendo i movimenti di Saudella, ex ambulante di Bovisio Masciago, che aveva legami commerciali con il laboratorio della 2C di Cappelletti Marzio. Le prime attività sospette sono state osservate nel parcheggio vicino all’azienda di Cantù, dove i finanzieri hanno notato la presenza di rotoli di tessuti griffati trasportati da Fausto Briccola, dipendente della Tessitura Scotti srl. Successivamente, Marzio Cappelletti ha rivelato agli investigatori i canali di approvvigionamento delle stoffe e delle etichette per la confezione dei prodotti contraffatti. Tra questi canali ci sono la Marina Manifattura di Marina Primi di Busto, che si riforniva da Davide Zorzi, dipendente della Achille Pinto spa di Casnate con Bernate e licenziataria dei marchi Burberry, Chanel, Gucci, D&G e Mc Queen. Un altro canale di approvvigionamento era un piccolo laboratorio di confezioni ad Albese, la cui titolare Habiba Sajdani è anch’essa indagata.

Secondo il pm Paolo Storari, Saudella recuperava la materia prima, mentre la sua “socia” Isabella Della Porta pianificava la merce da far confezionare in base agli ordini dei clienti. La confezione avveniva presso la 2C di Cantù, dove venivano anche applicate le etichette dei marchi di lusso, recuperate tra gli altri da Mauro Rancatore di Bregnano, che vent’anni prima aveva una ditta di confezioni ma dal 2006 non risultava avere alcun reddito. Infine, c’è tutto il giro degli acquirenti finali, sparsi in tutta Italia, che hanno contribuito a rendere il mercato del tessile comasco permeabile alle “sparizioni” di stoffe lavorate per conto delle grandi griffe e rivendute sul mercato nero.

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