Il contributo di Paolo Rausa

La chiesetta/oratorio dei Santi Alberto e Teresa di Cologno, situata nei pressi di Civesio e Sesto Ulteriano, nel territorio del Comune di San Giuliano Milanese, non è né decaduta né crollata. Il sindaco Marco Segala ha annunciato alla stampa che è stata abbattuta a causa delle condizioni di pericolosità per la salute pubblica. Nonostante un’ordinanza indirizzata alla proprietà per mettere in sicurezza l’edificio, questa non ha provveduto e ha ignorato l’ordine del sindaco, disinteressandosi completamente della questione. Nel frattempo, l’oratorio minacciava i passanti e i veicoli in transito. Per evitare possibili incidenti, il sindaco ha dovuto procedere con l’abbattimento dell’immobile, cercando di contenere la dispersione di polveri e calcinacci durante un periodo festivo in cui il traffico produttivo è quasi inesistente. Inoltre, il sindaco ha verificato che non ci fossero vincoli artistici e monumentali che avrebbero richiesto l’intervento della Soprintendenza ai Beni Culturali.

È stata una mossa azzeccata da parte del sindaco. Certo, avrebbe potuto consultare il libro dello storico locale Luciano Previato, che parla del territorio di San Giuliano e dello sviluppo di una comunità agricola diffusa nelle campagne, con tutto il suo patrimonio di civiltà, arte, attività produttiva e spiritualità. Forse il sindaco non lo ha ritenuto importante. E ha ragione: cosa importa di un oratorio del 21 maggio 1560, come risulta dagli atti notarili, che fu costruito da Donato della Casa Nobile Carabelli per rispondere alle richieste dei contadini che lavoravano nelle sue terre? Luciano Previato racconta che l’oratorio aveva sempre avuto un suo cappellano almeno fino al 1845. Pochi anni dopo, nel 1867, la cappellania fu soppressa e i riti religiosi furono limitati ai giorni festivi fino al 1904, quando venne chiuso al culto e utilizzato come magazzino. Lo storico lamenta che, ai suoi tempi, l’edificio sacro era lasciato in uno stato di abbandono deplorevole. Non sarebbe passato molto tempo e avrebbe rischiato di essere abbattuto per ampliare la strada che veniva percorsa quotidianamente da camion e tir che gravitavano sulle aziende della nuova zona industriale. Ma siamo sicuri che l’unico modo che il sindaco aveva era abbatterlo? Il Comune ha il dovere di garantire la salute pubblica e prevenire i pericoli. Ma non avrebbe potuto metterlo in sicurezza con muri di sostegno in legno per evitare il crollo? Lo fanno anche nelle zone colpite dal terremoto. Abbatterlo è stata la peggiore soluzione, perché ha privato San Giuliano di un suo monumento tipico della cultura e della civiltà contadina che non potrà più essere recuperato. Per tutte queste ragioni, avrebbe dovuto essere salvato con interventi di messa in sicurezza. Il Comune avrebbe potuto procedere in tal senso con un’ordinanza, riservandosi di addebitare i costi ai legittimi proprietari e, nel caso in cui non fossero stati trovati, avrebbe avuto il diritto di requisirlo e farlo diventare patrimonio pubblico. Abbatterlo richiede un attimo, mentre per farlo arrivare fino a noi ci sono voluti quasi 500 anni.

Paolo Rausa, presidente dell’Associazione per la salvaguardia e la valorizzazione di Viboldone San Giuliano Milanese.

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