Una svolta nel caso della morte di Simone Mattarelli, il giovane di 28 anni trovato impiccato in una fabbrica di Origgio il 3 gennaio 2021, è emersa dopo tre anni dalla sua morte. La famiglia del 28enne di Lentate sul Seveso ha richiesto ulteriori accertamenti che hanno rivelato nuovi elementi. L’avvocato Roberta Minotti ha dichiarato: “Chiederemo di riaprire il caso”. Sotto le unghie di Simone sono state trovate tracce biologiche di un’altra persona e nelle sue urine è stata riscontrata una concentrazione di cocaina non compatibile con la fase depressiva successiva all’assunzione.
Maria Formisano e Matteo Mattarelli, madre e fratello del ragazzo, affermano: “Speriamo che finalmente la Procura si convinca a riaprire il caso. Non si è trattato di un suicidio, ma di un omicidio”. Simone, un gommista di 28 anni presso la ditta “Gorla” di Cantù, era stato trovato morto dopo un inseguimento da parte dei Carabinieri. Secondo quanto ricostruito, il giovane aveva assunto cocaina quella sera. Forse a causa di ciò, oltre a violare il coprifuoco anti-Covid in vigore all’epoca, non si era fermato all’alt dei militari e aveva continuato a fuggire per tutta la notte in una Bmw nera attraverso diverse città della Brianza, del Comasco e del Varesotto, fino a terminare la sua corsa in un’area di campagna a Origgio. Durante la fuga, aveva contattato telefonicamente suo padre, inviandogli anche la sua posizione tramite WhatsApp. Poi di lui non si erano più avute notizie fino al pomeriggio di domenica, quando era stato trovato impiccato con la sua cintura al macchinario di una ditta.
La Procura di Busto Arsizio ha archiviato il caso come suicidio, respingendo la richiesta della famiglia di riaprire le indagini. Tuttavia, i parenti del 28enne, supportati dall’avvocato Roberta Minotti e dalla criminologa Roberta Bruzzone, non si sono mai arresi e hanno voluto effettuare ulteriori accertamenti per fare chiarezza su molti aspetti poco chiari. Il 18 ottobre sono stati effettuati esami genetici e sulle urine del giovane.
“L’obiettivo era capire se sotto le unghie c’erano tracce di un DNA diverso da quello di Simone, che secondo noi ha cercato di difendersi da un’aggressione”, spiega l’avvocato Minotti. Mentre analizzando le urine, “volevamo capire la quantità di cocaina presente, dato che la Procura sostiene che il suicidio sia stato una conseguenza della fase depressivo-maniacale che si verifica alcune ore dopo l’assunzione di sostanze, ma secondo noi Simone non era ancora in quella fase, era sotto l’effetto stimolante della droga”.
A dicembre sono arrivati i risultati degli accertamenti: “Sulle dita di una mano sono stati trovati profili biologici misti, uno appartenente a Simone e l’altro a una persona al momento sconosciuta”, conferma Minotti. “Dall’esame delle urine è emerso che nel corpo c’era ancora una quantità elevata di droga, compatibile con lo stadio intermedio post-assunzione e non con quello depressivo”. Questo contrasta con la causa della morte sostenuta dalla Procura, ovvero il suicidio per overdose di cocaina.
L’avvocato Minotti chiederà la riapertura del caso una volta raccolto ulteriore materiale. Questi elementi potrebbero aprire un nuovo capitolo nel “mistero” della morte del giovane di 28 anni.