La celebre casa di moda “Alviero Martini” è stata posta in amministrazione controllata a seguito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Milano e dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro. L’azienda è coinvolta in un’operazione riguardante il caporalato e il lavoro nero. Le indagini includono anche un caso risalente al 2016 che coinvolgeva un cinturificio di Caponago di proprietà cinese.

I Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano hanno messo in atto un decreto di “amministrazione giudiziaria” emesso dal Tribunale di Milano su richiesta della Procura della Repubblica di Milano nei confronti di un’azienda operante nel settore dell’alta moda. L’azienda è accusata di non aver mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per verificare le reali condizioni lavorative e le capacità tecniche delle aziende appaltatrici, favorendo così il fenomeno del caporalato.

Si è scoperto che la casa di moda affida l’intera produzione a società terze tramite contratti di appalto senza autorizzazione preventiva per il sub-appalto. Le aziende appaltatrici, nominalmente, non hanno una capacità produttiva adeguata e possono competere sul mercato solo esternalizzando le commesse ad opifici cinesi. Questi ultimi, a loro volta, riescono ad abbattere i costi grazie all’utilizzo di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento.

Questo sistema permette di massimizzare i profitti, inducendo gli opifici cinesi a ridurre i costi del lavoro grazie all’impiego di manodopera “in nero” e clandestina, non rispettando le norme di salute e sicurezza sul lavoro e i contratti collettivi di settore riguardanti retribuzioni, orari di lavoro e ferie.

Le indagini condotte dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano hanno verificato le modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda. Sono stati controllati 8 opifici irregolari gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia. In questi stabilimenti è stato riscontrato lo sfruttamento dei lavoratori, con pagamenti al di sotto della soglia minima, orari di lavoro irregolari e ambienti di lavoro insalubri. Sono state rilevate gravi violazioni delle norme di sicurezza sul lavoro, mancanza di sorveglianza sanitaria e formazione, nonché la presenza di dormitori abusivi e condizioni igienico-sanitarie inaccettabili.

Uno degli opifici controllati ha sede a Caponago e già nel 2016 era stato coinvolto in una vicenda giudiziaria per la presenza di lavoratori irregolari che vivevano abusivamente nello stabilimento. Sono state deferite a vario titolo per caporalato e altro 10 titolari di aziende di origine cinese e 37 persone non in regola con il soggiorno nel territorio nazionale. Sono state comminate ammende e sanzioni amministrative per un totale di oltre 300.000 euro e per 6 aziende è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni delle norme di sicurezza e utilizzo di lavoro nero.

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