Lara Comi, nuovamente parlamentare europea dal novembre 2022, è stata condannata dal tribunale di Milano a quattro anni e due mesi nel processo conosciuto come “Mensa dei poveri”. I giudici hanno evidenziato una mala gestione degli atti e la mancata restituzione di fondi, in un contesto ad alto rischio di reiterazione di fatti simili. La Comi era stata accusata di corruzione, false fatture e truffa ai danni dell’Unione europea per un importo di circa 500 mila euro destinati ai corsi di formazione dei dipendenti di Afol, un’agenzia per la formazione, l’orientamento e il lavoro. I reati commessi dalla Comi, secondo i giudici, facevano parte di un disegno criminoso volto a ottenere proventi illeciti a suo vantaggio, della sua famiglia, dei suoi amici e del partito. La Comi ha commentato la sentenza affermando di essere innocente e di non aver mai preso fondi europei per sé e per la sua famiglia. Ha anche sottolineato la violazione della presunzione di innocenza e ha annunciato l’appello della decisione. Il suo avvocato ha dichiarato che la sentenza è ingiusta e priva di solido supporto probatorio. Secondo lui, non sono stati presi in considerazione i criteri indicati dalla Corte di Cassazione per la valutazione degli indizi e le prove documentali presentate dalla difesa. L’avvocato ha anche espresso perplessità per il coinvolgimento della madre della Comi nella sentenza, sostenendo che l’assunzione di quest’ultima come assistente parlamentare è stata un errore e che l’importo erroneamente percepito è stato interamente restituito al Parlamento europeo.

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