Il 26 gennaio 2024 resterà nella storia come il giorno in cui è stato utilizzato per la prima volta il nuovo metodo di esecuzione sperimentale, la maschera ad azoto, per giustiziare un condannato a morte americano. Kenneth Eugene Smith è stato ucciso giovedì sera nell’Holman Correctional Facility di Atmore, in Alabama, ma secondo i testimoni ha subito atroci sofferenze durante l’esecuzione.

La notizia ha suscitato il rammarico dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, che si è chiesto se questo metodo possa essere considerato tortura o trattamento inumano. Turk ha inoltre ribadito che la pena di morte è incompatibile con il diritto fondamentale alla vita e ha invitato tutti gli Stati membri a sospendere l’utilizzo di questo metodo, come primo passo verso l’abolizione universale.

È interessante notare che la Corte Suprema degli Stati Uniti, nonostante la sua storia, non ha mai ritenuto incostituzionale un mezzo di esecuzione nel paese. Nel corso degli anni sono stati sperimentati vari metodi, dalla sedia elettrica all’impiccagione, dalla camera a gas alle iniezioni letali. Purtroppo, tutti questi metodi hanno causato sofferenze e incidenti, mettendo in pericolo anche gli astanti.

Nel solo anno 2023, ben 24 detenuti sono stati giustiziati in cinque stati americani: Texas, Florida, Oklahoma, Missouri e Alabama. Questo continuo ricorso alla pena di morte negli Stati Uniti, nonostante le critiche e le condanne internazionali, dimostra l’ipocrisia della concezione di giustizia del paese, che condanna altri stati per le violazioni dei diritti umani.

Non possiamo più meravigliarci di tali pratiche barbariche che persistono nelle cosiddette civiltà occidentali. È necessario un cambiamento radicale e l’abolizione universale della pena di morte, per garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali e porre fine a questa violenza.

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