Il secondo giorno di indagini sull’omicidio di Cairate inizia con una serie di certezze stabilite dagli investigatori che stanno cercando l’assassino di Andrea Bossi, il ragazzo di 26 anni ucciso con una coltellata nella sua casa di Cairate.

L’omicidio è avvenuto nella casa al secondo piano di un edificio in via Mascheroni alla “Quadra”, il quartiere residenziale di Cairate. I vicini conoscevano Andrea Bossi come una persona tranquilla, che usciva al mattino per lavorare in un’officina meccanica di Fagnano Olona, dove il ragazzo è cresciuto e ha vissuto fino a sei mesi fa, per poi tornare a casa la sera. “Lo vedevo, sì, certo. Usciva con il cane, sbatteva la tovaglia dal balcone: dalla mia casa lo vedevo da qualche mese”, racconta una vicina di casa che conosceva il ragazzo, e che abita in una via perpendicolare a quella dell’appartamento di Andrea Bossi, via Antonio Gramsci. Venerdì sera Andrea era a casa. Ha aperto la porta a qualcuno, probabilmente nella tarda serata, come ha stabilito il medico legale da una prima analisi del corpo, che ha indicato il momento della morte tra le ultime ore di venerdì e le prime ore di sabato. La vittima è stata colpita da un solo colpo alla gola con una significativa perdita di sangue.

All’arrivo del padre del ragazzo, nella tarda mattinata di sabato, la scoperta. Poi la chiamata al 112, l’arrivo di un’ambulanza dell’Sos del Seprio, poi dei carabinieri della stazione di Fagnano Olona e in seguito dei colleghi del nucleo operativo radiomobile di Busto Arsizio e del nucleo operativo di Varese. Nulla da fare per il ragazzo trovato a terra: era morto da ore. Vengono effettuati i rilievi sulla stanza, un grande open space “a giorno” dove il ragazzo viveva con il cane, un pitbull rimasto ad abbaiare sul balcone, chiuso fuori.

Come sempre accade in queste situazioni, le prime indagini seguono diverse piste: testimonianze sommarie da parte di coloro che sanno o hanno visto qualcosa, rilievi tecnici per isolare le impronte e confrontarle con quelle delle forze dell’ordine, e rilievi tecnici su telecamere, apparati e social media. La strada in cui si trova l’abitazione in cui è avvenuto l’omicidio è piuttosto isolata, con poche telecamere pubbliche a disposizione e con due punti di accesso: uno dalla via Antonio Gramsci e l’altro da una strada sterrata che porta alla via Tamagnino, una strada senza uscita che si perde nelle campagne.

Andrea Bossi aveva imparato a lavorare l’oro. Un’arte appresa a Valenza, nel Pavese, dove c’è una tradizione orafa secolare. Le poche foto sui social lo ritraggono con anelli e monili importanti, oggetti che potrebbero rientrare nell’inventario stilato dagli investigatori per i gioielli mancanti dalla casa. Manca anche il cellulare del ragazzo, che potrebbe essere stato rubato da chi ha lasciato l’abitazione per rendere più difficile il lavoro degli investigatori. Manca anche il coltello utilizzato per il colpo mortale.

Ancora nella serata di domenica non ci sono piste investigative escluse dagli inquirenti. Ma l’ipotesi che sembra prendere piede potrebbe essere quella di un incontro con una persona a cui la porta dell’appartamento è stata aperta volontariamente, incontro che si è concluso con l’omicidio e il furto (o viceversa nel caso di un tentativo di furto che è sfociato in rapina e omicidio) e la successiva fuga. Sul pianerottolo in marmo bianco sono state trovate tracce di sangue, principalmente impronte e frammenti rossi, trovati e catalogati dai carabinieri e dalla Scientifica.

Gli inquirenti hanno chiaro il meccanismo del crimine e gli elementi che, man mano che passano le ore, rendono più chiara la situazione che all’inizio era avvolta dal mistero. È quindi probabile che gli inquirenti stiano stringendo il cerchio attorno al sospettato dell’omicidio.

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