Errore giudiziario: uomo accusato di violazione delle leggi sanitarie per un errore di identità
Un uomo di 37 anni è finito sotto processo presso il Tribunale di Lodi, accusato di aver violato le leggi sanitarie uscendo di casa durante la quarantena da Covid, nonostante non fosse malato. Tuttavia, gli avvocati dell’uomo hanno scoperto un errore clamoroso: la persona potenzialmente contagiosa non era lui, ma un omonimo di 15 anni più giovane.
Nell’autunno del 2020, l’uomo era stato fermato dalla polizia stradale a Melegnano per un controllo. Dall’archivio dei dati era emerso che aveva appena effettuato un tampone con esito positivo. L’autista aveva spiegato ai militari di essere diretto al lavoro, di non essere stato malato nei giorni precedenti e di non aver mai fatto un tampone. Nonostante ciò, era stato denunciato.
L’anno successivo, l’uomo aveva ricevuto una condanna penale di oltre 7.000 euro per violazione del Testo unico delle leggi sanitarie del 1934, che era stato recentemente reso più severo dal Governo a causa dell’epidemia da Covid. Sentendosi vittima di un evidente errore giudiziario, il 37enne si era rivolto ai suoi avvocati.
La difesa ha impugnato la condanna e si è svolto un processo durante il quale è stato chiamato a testimoniare l’omonimo, nato nello stesso comune dell’imputato. Quest’ultimo ha riferito di aver contratto il Covid in quei giorni e di aver effettuato un tampone con esito positivo. L’ipotesi che il tribunale sta valutando è che l’operatore che ha inserito i dati del più giovane nel portale dell’Ats di Milano abbia erroneamente abbinato il codice fiscale molto simile del 37enne, che è stato denunciato nonostante non avesse il Covid.
Il verdetto è atteso entro la primavera e sarà determinante per stabilire se l’uomo è davvero colpevole o se si tratta di un grave errore di identità. Questa vicenda mette in evidenza l’importanza di una corretta gestione dei dati sanitari e la necessità di evitare errori che possono avere conseguenze legali gravi per le persone coinvolte.