Il 7 marzo 1979, un vergognoso atto antisemita al Palasport di Varese ha gettato disonore sull’intera città. Durante il riscaldamento delle squadre sul campo, sulla gradinata nord sono comparse croci di legno, finti teschi, striscioni antisemiti e cori inneggianti a Hitler e all’olocausto degli ebrei. Nonostante la presenza di forze dell’ordine, nessuno ha reagito alla gazzarra, né i dirigenti, né i giocatori, né gli arbitri. Solo dopo che l’eco di questo vergognoso episodio ha fatto il giro del mondo, grazie alle proteste della comunità ebraica di Milano, è stato intentato un processo contro alcuni responsabili.

Questa triste vicenda ha portato alla condanna di alcuni partecipanti e al risarcimento dell’Unione delle comunità israelitiche d’Italia. Tuttavia, il danno d’immagine causato a Varese è stato difficile da cancellare, con una gogna mediatica durata a lungo. Anche sul piano sportivo, le conseguenze sono state negative, con la sconfitta dell’Emerson in una finale europea a Grenoble a causa di un arbitraggio discutibile.

Questa triste pagina della storia di Varese ci ricorda che non c’è spazio per l’odio e l’antisemitismo, nemmeno nel contesto dello sport. È importante prendere le distanze da tali comportamenti e lavorare insieme per costruire una società basata sul rispetto e sull’inclusione.

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