La nota casa di moda Giorgio Armani è stata al centro di una vicenda giudiziaria che ha portato alla commissariata della produzione da parte del Tribunale di Milano. La società è stata accusata di non aver messo in atto misure adeguate per prevenire lo sfruttamento lavorativo all’interno del suo ciclo produttivo, facilitando così il caporalato nelle aziende a cui ha appaltato parte della produzione.

Secondo le indagini condotte dai carabinieri del Nucleo Ispettorato sul Lavoro, Giorgio Armani affida la produzione e l’industrializzazione delle sue collezioni di moda e accessori a società terze, esternalizzando completamente i processi produttivi. Questo sistema, sebbene possa massimizzare i profitti, porta all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento.

I controlli effettuati hanno rivelato che la lavorazione avveniva in condizioni precarie, con pagamenti sotto soglia, orari non conformi e ambienti di lavoro insalubri. Sono state identificate gravi violazioni in materia di sicurezza e mancanza di rispetto dei Contratti Collettivi Nazionali Lavoro.

In seguito ai controlli, sono stati deferiti diversi titolari di aziende cinesi per caporalato e altre violazioni. Sono state comminate multe e sanzioni amministrative e per alcune aziende è stata disposta la sospensione dell’attività.

Questa vicenda mette in luce l’importanza di controllare attentamente le condizioni di lavoro all’interno delle catene di produzione, per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e combattere lo sfruttamento. Speriamo che misure più rigorose possano essere adottate per evitare situazioni simili in futuro.

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