130 anni fa, il piccolo paese di Germignaga si trovò involontariamente al centro di un incredibile intrigo internazionale. Un’organizzazione di falsificatori di titoli di credito russi era attiva in Europa da oltre un anno e l’inchiesta portò gli investigatori fino alla villa di Punta Lavello, dove si era stabilito un polacco di nome Teofilo Dambrowsky insieme ad altri personaggi di origine russa.

La perquisizione nella villa portò alla luce alcune bottigliette contenenti acidi ed inchiostri, utilizzati dai falsari. Si scoprì che le pietre litografiche utilizzate per la contraffazione erano state nascoste nel giardino, ma non furono mai ritrovate. Le indagini portarono alla conclusione che tutto era collegato ad un’indagine partita in Russia e continuata in Inghilterra, dove erano stati scoperti i titoli falsi.

La vera svolta avvenne quando, nel marzo del 1894, due cittadini russi e una donna furono arrestati in Belgio e si scoprì che l’organizzazione principale dei falsari era dislocata sul Lago Maggiore, con ramificazioni in Svizzera e Milano. Il luogo di stampa dei titoli falsi fu individuato ad Arona, vicino alla fabbrica di un cappellaio locale, Giovanni Bini, e alla cognata Celestina Devecchi.

Dopo un processo molto seguito mediaticamente presso la Corte di Assise di Vercelli, Giovanni Bini e Celestina Devecchi riuscirono a dimostrare la loro estraneità ai fatti, ottenendo l’assoluzione. Al contrario, molti degli imputati di origine russa e polacca furono condannati a pene detentive comprese fra i sette e gli otto anni.

Come sempre, la storia di Germignaga ci regala un’avventura mozzafiato, degna di un film di spionaggio.

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