La montagna di plastica, gomma e amiantite che si nasconde nel lago d’Iseo da oltre cinquant’anni sta rilasciando metalli, micro e nano plastiche e amianto, come evidenziato da uno studio condotto da Arpa sui campioni di rifiuti industriali prelevati dall’acqua lo scorso anno. La Regione, dopo aver investito 85mila euro per un piano di indagine ambientale, sta ora valutando le possibili soluzioni per affrontare il problema.

Secondo l’assessore all’Ambiente e al Clima Giorgio Maione, al momento non ci sono pericoli immediati per la salute né problemi di balneabilità, ma è necessario agire per preservare l’ecosistema. Tra le opzioni considerate ci sono il recupero naturale controllato, il capping e l’asportazione del materiale accumulato. Tuttavia, la rimozione dei rifiuti sembra essere la strada preferita per risolvere la situazione, anche alla luce delle indicazioni del gruppo di lavoro istituito per valutare la situazione.

La scoperta di questo accumulo risale al 2019, quando i carabinieri subacquei hanno individuato la presenza di rifiuti a 30 metri di profondità. Successivamente, nel 2023, è stato possibile analizzare la natura del materiale, i microinquinanti rilasciati e lo stato di contaminazione dei sedimenti. Si è scoperto che ci sono due aree di accumulo, una più superficiale e una più profonda, contenenti plastica, gomma e amiantite.

L’operazione coinvolge diverse realtà, tra cui Regione, Autorità di bacino, tecnici Arpa, Cnr Ismar e Cnr Irsa e il nucleo dei carabinieri sommozzatori di Genova. Ora si lavorerà per valutare tutte le possibili soluzioni e individuare quella più adatta, considerando anche i relativi costi. Secondo Maione, sarebbe importante capire chi ha gettato quel materiale nel lago d’Iseo, anche se è passato così tanto tempo che potrebbe essere difficile attribuire responsabilità. Tuttavia, conoscere la causa potrebbe aiutare a sensibilizzare le persone sull’importanza della tutela dell’ambiente.

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