Il 28 marzo del 1974, a Varese, un’esplosione di una bomba ha scosso la città alle 7.40 del mattino, dietro la stazione delle Nord, nel piazzale Maspero, oggi chiamato piazzale Kennedy. La vittima dell’attentato è stato il fiorista Vittorio Brusa, mentre sua moglie Augusta Comi è rimasta gravemente ferita.

La bomba, nascosta in una pesante batteria da autoveicolo, è stata collocata vicino ai vespasiani dove i Brusa avevano parcheggiato il loro furgone Fiat 238. Quando Augusta ha cercato di spostare l’oggetto fastidioso, ha chiamato il marito Vittorio per aiutarla. Purtroppo, sollevando la batteria, una miccia a strappo ha fatto esplodere la bomba, causando la morte di Vittorio e ferendo gravemente Augusta.

Le indagini sull’attentato si sono orientate verso i neofascisti, ma non hanno portato a nessun colpevole. Anche se una lettera di rivendicazione firmata da Ordine Nuovo è stata trovata in una cabina telefonica di Varese, non è stata considerata credibile. Nessuna giustizia è stata fatta per la famiglia Brusa, che ha dovuto affrontare il dolore e la rabbia per anni.

Aurelio Brusa, figlio di Vittorio, ha continuato il lavoro di fiorista del padre nonostante tutto. Oggi, con i suoi figli e nuore che lavorano con lui, ha trovato la forza di guardare avanti e di lasciarsi alle spalle la rabbia nei confronti del sistema che non ha mai riconosciuto la sua famiglia come vittima del terrorismo. Sono passati tanti anni da quel tragico giorno, ma la memoria di Vittorio Brusa vive ancora attraverso il lavoro e l’amore della sua famiglia.

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