Il caso della donna deceduta in Friuli nel 2009 dopo 17 anni di stato vegetativo ha riaperto il dibattito sul fine vita. L’ex direttore generale della Sanità della Lombardia, Carlo Lucchina, ha recentemente ricevuto una condanna della Corte dei Conti per aver impedito la sospensione del trattamento che manteneva Eluana Englaro in stato vegetativo.

Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, Lucchina ha difeso la sua decisione affermando che non si è trattato di un’obiezione di coscienza, ma che ha semplicemente applicato le direttive ricevute anche dall’Avvocatura regionale. Nonostante la Cassazione nel 2007 avesse stabilito il diritto di ciascun individuo di rifiutare cure insostenibili e degradanti, e la Corte d’appello di Milano nel 2008 avesse autorizzato la sospensione del trattamento per Eluana, Lucchina ha firmato una nota contraria alla decisione del padre della donna, Beppino Englaro.

Dopo una lunga battaglia legale, la Regione è stata condannata a risarcire la famiglia Englaro con circa 175 mila euro per i danni subiti. Lucchina, che ora dovrà pagare questa somma all’erario, sta valutando se ricorrere in Cassazione per ribadire le motivazioni della sua scelta.

Il caso di Eluana Englaro ha sollevato importanti questioni etiche e legali sul fine vita, aprendo un dibattito che ancora oggi continua a suscitare grande interesse e dibattito nella società italiana.

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