Carlo Lucchina, ex direttore generale della sanità della Regione Lombardia, è stato condannato a versare 175mila euro alla Regione in seguito alla vicenda legata all’interruzione del trattamento di Eluana Englaro, che si trovava in stato vegetativo. La decisione di Lucchina di non interrompere l’alimentazione artificiale di Eluana aveva portato a un contenzioso legale che si concluse con una sentenza favorevole alla famiglia Englaro.

La Corte dei Conti ha basato la sua decisione su una sentenza della Cassazione del 2007, che sottolineava il diritto di ogni individuo di rifiutare cure considerate insostenibili. Lucchina, inizialmente assolto in primo grado, ha dichiarato che la sua decisione era basata su direttive legali ricevute dall’avvocatura regionale.

Nonostante ciò, la Corte dei Conti ha condannato Lucchina per violazione dei suoi doveri di servizio e per aver interpretato in modo autoritario il diritto alla vita e alla salute. È probabile che l’ex manager ricorrerà in Cassazione per contestare questa decisione.

La vicenda di Lucchina e Englaro ha sollevato importanti questioni etiche e di coscienza, mettendo in luce la complessità delle decisioni legate alla fine della vita. La sentenza della Corte dei Conti rappresenta un passo importante nella definizione dei doveri e dei limiti dei dirigenti sanitari in situazioni simili.

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