Un’azienda dell’alta moda che produce borse e accessori è stata posta sotto amministrazione giudiziaria dopo che è emerso che aveva esternalizzato i processi produttivi affidandoli a una società che a sua volta si sarebbe appoggiata a manodopera cinese irregolare. Il Tribunale di Milano ha emesso il provvedimento su richiesta della Procura della Repubblica, sottolineando che l’azienda non avrebbe messo in atto misure idonee per verificare le condizioni lavorative delle aziende appaltatrici, facilitando così il fenomeno del caporalato.

Le indagini condotte dai carabinieri hanno evidenziato l’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento, finalizzato alla massimizzazione dei profitti. Altre aziende del settore della moda sono state coinvolte in analoghe pratiche già da diversi mesi. È emerso che una presunta società “cartiera” era autorizzata dal brand a sub-fornire senza però realizzare i manufatti, utilizzando i lavoratori come serbatoio da distaccare presso la società appaltatrice, scaricando così i costi fiscali e contributivi su un’altra entità.

Le indagini hanno portato al controllo di quattro laboratori irregolari, dove lavoravano 32 dipendenti in condizioni di sfruttamento, con orari di lavoro non conformi, bassi salari e ambienti insalubri. Cinque titolari di aziende di origine cinese sono stati denunciati per caporalato, mentre due sono stati sanzionati per irregolarità legate al soggiorno sul territorio nazionale. Sono state comminate ammende per un totale di 138.000 euro e sanzioni amministrative per 68.500 euro. Quattro aziende sono state sospese per gravi violazioni in materia di sicurezza e utilizzo di lavoro nero.

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