Un adolescente di 13 anni è stato il capo di una baby gang che ha terrorizzato Lugano per mesi, organizzando spedizioni punitive contro uomini presunti pedofili. Questa notizia ha scosso la Svizzera e ha sollevato un dibattito sulla giustizia fai da te e sulle motivazioni che possono spingere i minori a compiere atti così violenti.

Il ragazzo utilizzava profili falsi su Tinder e Instagram per adescare gli uomini in conversazioni sessualmente esplicite e organizzare incontri. Una volta sul posto, le vittime venivano accolti da complici che le costringevano a spogliarsi, per poi essere attaccate da un gruppo di picchiatori reclutati online dal giovane capobanda.

Le violenze subite dagli uomini erano estreme: sputi, urina, scritte sul volto, rasature forzate e pestaggi brutali. Alcune vittime sono state costrette a consegnare denaro e sono state addirittura sequestrate. Le spedizioni punitive venivano filmate e diffuse online per umiliare pubblicamente i presunti pedofili.

Le indagini hanno portato alla luce una ventina di episodi consumati o tentati in appartamenti e parchi della città. La magistratura ha ipotizzato una serie di reati tra cui lesioni gravi, aggressioni, sequestro di persona ed estorsione.

Tutto è cominciato con un episodio avvenuto lo scorso maggio in un parco di Besso, quando un italiano di 49 anni è caduto nella trappola di uno dei profili falsi creati dalla baby gang. L’uomo, che pensava di chattare con un minore, si è recato all’appuntamento con l’intenzione di avere un rapporto sessuale. La sua condanna per tentato atto sessuale con un minore ha dato il via a un’inchiesta che ha rivelato l’esistenza di un’organizzazione criminale giovanile.

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