Nel corso dei secoli, l’Italia ha vissuto le violenze e gli abusi dell’Inquisizione, istituita dalla Chiesa cattolica per mantenere l’ortodossia religiosa. Tra il XIII e il XVIII secolo, l’Inquisizione si concentrò su sospetti di eresia, protestantesimo e, successivamente, su questioni morali e comportamentali, diffondendosi da nord a sud. Le accuse di eresia, stregoneria e pratiche occulte divennero strumenti di controllo sociale, alimentati da tensioni locali e rivalità personali.
Il Piemonte fu una delle prime regioni a vedere l’attività degli inquisitori, tra cui spiccava la figura di Cipriano Uberti, attivo a Vercelli. In città come Torino, Chiomonte, Peveragno e Rifreddo, si consumarono drammatici processi di eresia e stregoneria, con condanne al rogo e all’annegamento.
Anche in Liguria, l’Inquisizione si accese con processi contro sospetti di eresia e stregoneria. Genova fu uno dei principali centri dell’Inquisizione ligure, mentre a Triora si svolse uno dei processi più infami della storia italiana, culminato con la condanna a morte di diverse donne.
Nella Lombardia rurale, isolata e caratterizzata da antiche tradizioni popolari, si diffuse la paura del maligno e della stregoneria. A Varese, il processo alle streghe di Venegono nel 1520 portò alla condanna di sei donne al rogo.
Oggi, in molte di queste città, si cercano di preservare e ricordare questi tragici eventi, attraverso progetti di memoria storica come il “Sentiero delle Streghe” a Venegono. La memoria di quei tempi oscuri è ancora viva, e il riscatto della memoria e la riscoperta delle storie locali sono importanti per non dimenticare le vittime di un’epoca di persecuzione e paura.