Nel caso della morte del bambino di 10 anni a Boltiere, secondo gli atti della Procura, emerge uno scenario preoccupante: in Italia vengono raccolte ogni anno 150 mila tonnellate di rifiuti tessili.
Spesso sui cassonetti per la raccolta degli abiti usati si vedono scritte come “Aiutaci ad aiutare” o “Dona valore”, spesso con il logo della Caritas, che è considerato un autorevole simbolo di aiuto ai poveri. Tuttavia, secondo il pm che ha richiesto il sequestro dei cassonetti ritenuti pericolosi, la finalità di queste scritte non corrisponde alle aspettative.
Il pm afferma che contrariamente alla comune convinzione che gli abiti raccolti tramite questi cassonetti siano destinati alle persone bisognose dopo essere stati adeguatamente sanificati, il destino di questi articoli è molto diverso. Il pm ritiene che la gestione della raccolta degli indumenti dismessi abbia una finalità prevalentemente commerciale, con una quota modesta destinata effettivamente a scopi solidaristici.
Gli abiti vengono venduti a peso a società commerciali che li sanificano e li rimettono sul mercato. Una parte diventa stracci e il resto viene considerato rifiuto secco da discarica. Il prezzo al chilo varia tra i 25 e i 30 centesimi. Le percentuali di ritorno verso le Diocesi variano da città a città. Ad esempio, per Milano, Brescia e Bergamo viene riconosciuta una percentuale del 10% del prezzo di vendita degli abiti, in cambio dell’utilizzo del logo della Caritas.
Il pm ha ricostruito il giro di queste attività dopo l’episodio della morte del bambino, sentendo gli addetti del settore. Le Diocesi di Bergamo, Brescia e Milano coordinano la raccolta tramite la Rete Riuse, che coordina l’attività delle dieci cooperative proprietarie dei cassonetti distribuiti sul territorio.
In Italia vengono raccolte 150 mila tonnellate di rifiuti tessili. La Rete Riuse gestisce 12.000 tonnellate, mentre Humana ne gestisce 25.000. Il pm ha fatto dei calcoli e ha evidenziato come il business degli abiti usati possa vantare un notevole fatturato.
La Caritas, per rispondere alle preoccupazioni sorte dopo la morte del bambino, ha affidato una consulenza a due ingegneri, uno di Milano e uno toscano. Secondo le loro conclusioni, anche il primo modello di cassonetto è sicuro.
La finalità sociale dell’attività viene confermata da Don Roberto Trussardi, direttore della Caritas di Bergamo, che afferma che una percentuale della vendita degli abiti usati viene utilizzata per progetti a favore di persone in difficoltà. Anche le cooperative utilizzano i proventi per progetti a favore delle persone più fragili, come ad esempio l’inserimento lavorativo.
La morte del bambino ha scosso il mondo delle cooperative, che hanno deciso di cambiare i cassonetti più vecchi, anche se non esiste una norma che li regolamenti. Anche la Caritas si è mossa per approfondire la questione, affidando una consulenza a due ingegneri.
In conclusione, la raccolta degli abiti usati tramite cassonetti presenta un lato commerciale molto rilevante, ma anche una finalità sociale che viene svolta dalle Diocesi e dalle cooperative coinvolte. Tuttavia, è necessario prestare attenzione alla sicurezza dei cassonetti stessi, affinché tragedie come quella di Boltiere non accadano più.