Periodici convegni e conferenze degli addetti ai lavori (aziende idroelettriche, idro-comitati e politici) dibattono sul futuro delle concessioni valtellinesi scadute e da mettere a gara senza ulteriori proroghe. Si prevedono maggiori entrate per gli enti locali della Provincia per decine di milioni, derivanti dai canoni e sovra canoni, se le gare venissero bandite in regime concorrenziale di mercato aperto.

Con i seguenti argomenti vorrei porre all’attenzione una domanda (non retorica) che da anni tanti valtellinesi si pongono, questa: saranno sicure le dighe a monte delle nostre abitazioni? Argomento mai trattato nei periodici convegni e conferenze sull’idroelettrico in Provincia, poiché tutti i dibattiti sono da sempre focalizzati sui quei milioni da ripartire inter nos.

Dopo il crollo – annunciato – del ponte Morandi è emerso come i funzionari dello Stato preposti alla tutela del patrimonio pubblico abbiano omesso, con colpa grave, di fare il loro dovere, quello di evidenziare un pericolo imminente. In parallelo dovremmo chiederci: a chi è affidato il controllo delle dighe in questa Provincia?

Da alcuni mesi è iniziato il processo per individuare i responsabili che dovevano mantenere in sicurezza il viadotto genovese; dal dibattimento in corso riportato dai media alcune preoccupazioni vengono spontanee, se riferite alla sicurezza delle c.d. infrastrutture ingegneristiche civili. Oggi la Regione Lombardia, che ha la titolarità delle dighe, come tutela il rischio potenziale e l’incolumità della popolazione che vive a valle dei bacini artificiali? La Regione a chi affida il controllo del coronamento di versante della Diga? Alle prescrizioni cartografiche del PAI (Piano Assetto Idrogeologico)?

Dagli ultimi fatti accaduti e accertati dal processo genovese sembra che il controllo, la verifica e la certificazione alle cosiddette infrastrutture, siano finiti nelle mani di irresponsabili che in vari ruoli e livelli di competenza non hanno assolto il loro compito. Infatti, come nella pandemia, erano in “vigile attesa” che il Morandi crollasse. Gli stessi presupposti del Ponte Morandi valgono anche per le 58 dighe con i milioni di metri cubi di acqua trattenuti a monte nei bacini della Provincia di Sondrio.

Le prime dighe furono costruite addirittura con la manodopera dei prigionieri austriaci catturati nella prima guerra mondiale, le altre nel secondo dopoguerra, tre quarti di secolo fa.

Oggi il controllo delle Grandi Dighe è delegato al concessionario, sia Ente, Società ed anche Privato, che ha in gestione il bacino artificiale, con il c.d. “foglio conduzione” vale a dire compilazione di una “specifica tecnica”. È lo stesso “protocollo Benetton”, per intenderci. Nella tragedia autostradale genovese fu costituita una società di certificazione e controllo ad hoc: in sostanza il controllato si auto-controllava. Lo stesso vale per la sicurezza delle dighe, ove la mitigazione del rischio è subordinata al dividendo per gli azionisti e benefit per la dirigenza. Meno investo nella prevenzione del rischio, che significa costo, più utili/dividendi per l’azionista ottengo.

Un altro aspetto da considerare è che, storicamente, ad ogni diga era associata una casa di guardia, sorvegliata h24 da un guardiano, ma oggi con l’automazione il controllo non avviene più con la presenza fisica in loco, ma viene fatta da remoto. Nessuno può dimostrare che una prevenzione avrebbe evitato una catastrofe naturale o strutturale, ma il suo contrario sì, tant’è che la Procura della Repubblica di Sondrio sta indagando sulla frana di Chiareggio dell’agosto 2020 dove persero la vita 3 persone, perché vuole accertare se ci furono omissioni da parte del Comune di Chiesa Valmalenco, ente preposto alla sicurezza viaria.

Ritengo che la battaglia campale dell’acqua valtellinese non possa essere giocata solamente a colpi di canoni, sovra-canoni e Valutazioni di Impatto Ambientale, ma anche sulla prevenzione del potenziale rischio strutturale delle dighe usurate dal tempo e dall’imprevedibile e minaccioso stravolgimento climatico in atto, a tutti noto.

A questo punto del discorso penso che un’istituzione locale come la Provincia di Sondrio dovrebbe avere la Titolarità (essendo soggetto terzo) di verifica, controllo e certificazione del “corpo diga” e dei versanti di bacino affidato ad un preposto ufficio geo/ingegneristico finanziato dalle aziende idroelettriche.

Per chi abita nel territorio dove incombe un potenziale pericolo la sicurezza deve essere la priorità, che viene prima dei canoni.

A Genova la collusione fra concedente (Stato) e concessionario (Autostrade) privato, ha evidenziato come i funzionari e dirigenti con il ruolo di pubblici ufficiali, non abbiano tutelato l’incolumità dei cittadini. I dirigenti, infatti, venivano “catturati” dai concessionari; lo stesso metodo avviene con le società concessionarie idroelettriche, sia partecipate da enti pubblici che totalmente private. Amministratori della cosa pubblica, ex sindaci o assessori, che a fine mandato vengono cooptati in consigli di amministrazione di società partecipate da enti, mentre dirigenti di istituzioni e accademici del calce…struzzo, quasi sempre tecnici, vengono catturati con consulenze fittizie.

In conclusione le multinazionali dell’idroelettrico non dovrebbero essere contaminate da conflitti di interesse, ma dovrebbero scrivere un “Protocollo Sicurezza Idroelettrico” con un soggetto “terzo” come la Provincia. Titolare della sicurezza è chi sottoposto al rischio, si veda l’articolo 41 della Costituzione: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi (…) in modo da recare danno alla sicurezza”.

Silvano Marini
Sondrio

PS . Il 14 agosto di 5 anni fa crollava il Ponte Morandi a Genova , il disastro annunciato causò la morte di 43 persone. Non la fatalità fu la causa ma l’avidità.

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Una curiosità- Durante la guerra nella zona di Busteggia, interessati i Comuni di Faedo e Piateda, su molte case era stato tracciato, in bianco, un segnale tipo quelli stradali. Era l’indicazione di evacuazione nel caso di bombardamenti sulle dighe dello Scais e di Venina (Publino e sempre nelle Orobie ma su bacini diversi). La Falk lo aveva disposto anche se sapeva, come tecnici e militari che non erano obiettivi strategici ma poi soprattutto la difficoltà. C’è stato un solo caso di riuscita in Europa e precisamente in Germania che ha richiesta una massissia operazione, tempi notevoli di preparazione e calcoli complessi con l’utilizzo di una ventina di grossi aerei, il corridoio strettissimo, i lanci nei siluri programmatissimi. Solo dopo la (le) diga è stata colpita e la zona interamente allegata. Per quanto riguarda i crolli: il Vaiont è noto ma anche quella di Frejus (il nome del luogo tutto un programma: Malpasset che merita di essere visitata, anche per omaggio al migliaio di vitt

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