Il furto della Gioconda: la storia del ladro italiano che fece scalpore
È passato molto tempo dal famoso furto della Gioconda, l’opera d’arte più celebre al mondo, avvenuto esattamente 112 anni fa. L’autore di questo furto clamoroso fu un italiano, Vincenzo Pietro Peruggia, nato nel 1881 a Trezzino, una frazione di Dumenza, in provincia di Varese, vicino al confine con la Svizzera.
Peruggia era un umile decoratore ed imbianchino, ma il suo desiderio di riportare in Italia l’opera d’arte simbolo del nostro paese lo spinse ad agire. Nel 1911, riuscì a rubare la Gioconda dal museo del Louvre, a Parigi, senza incontrare grandi difficoltà.
Il giorno del furto, un lunedì di chiusura al pubblico del museo, Vincenzo entrò da un ingresso usato dagli operai e si diresse direttamente alla Sala dove era esposta la Gioconda. Senza troppi ostacoli, staccò il quadro dalla parete, tolse la cornice e il vetro e avvolse la tela nella sua giacca. Poi uscì indisturbato attraverso un cortile interno e si diresse alla fermata del bus.
Dopo aver preso un mezzo sbagliato, si accorse dell’errore e chiamò un vetturino per farsi portare a casa. Qui, nascose la tela e si preparò per andare al lavoro. Per un mese, la Gioconda rimase nell’alloggio di un amico italiano di Vincenzo, che temeva che l’umidità potesse danneggiare il dipinto.
Il furto venne scoperto il giorno successivo e scatenò il caos sia a Parigi che in tutta Europa. Ci furono anche alcuni arresti, tra cui Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, che furono successivamente scagionati. Peruggia venne interrogato e la sua modesta stanzetta venne perquisita, ma la Gioconda non venne trovata perché la tela era custodita in uno scomparto sotto il tavolo.
Peruggia e la Monna Lisa rimasero “insieme” in quella stanzetta per due anni, fino a quando il ladro idealista sentì parlare di un’esposizione d’arte in Italia e scrisse al collezionista d’arte Alfredo Geri, proponendogli proprio l’opera tanto ambita, con l’unica condizione che rimanesse in Italia. L’incontro tra i due si tenne a Firenze nel novembre 1913 e, qualche ora dopo, Vincenzo Peruggia venne arrestato dai carabinieri.
Durante il processo, Peruggia dichiarò di aver agito per amore della sua patria, dopo aver visto un opuscolo del Louvre che mostrava quadri italiani portati in Francia da Napoleone Bonaparte. Voleva restituire all’Italia almeno uno di quei dipinti. Venne condannato a un anno e 15 giorni di carcere, pena poi ridotta a 7 mesi.
Dopo essere uscito dal carcere, Peruggia ricevette una somma di denaro da parte di studenti toscani, come segno di sostegno. I francesi, forse temendo che la Gioconda non tornasse più al Louvre, concessero un lungo periodo di esposizione del dipinto in Italia agli Uffizi di Firenze, all’ambasciata di Francia a Roma e alla Galleria Borghese, prima del suo definitivo rientro in Francia.
Vincenzo Peruggia, dopo essere tornato libero, combatté nella prima guerra mondiale e finì prigioniero in un campo austriaco dopo la battaglia di Caporetto. Dopo la guerra, si sposò e tornò in Francia, dove visse fino alla sua morte nel 1925.
Questa è la storia di un italiano che, con un gesto audace e idealista, ha scritto una pagina importante nella storia dell’arte, portando l’attenzione su un patrimonio culturale così prezioso come la Gioconda.