Aumento esponenziale delle aggressioni negli ospedali: operatori sanitari allarmati
Le aggressioni negli ospedali stanno crescendo in modo preoccupante, raggiungendo nei primi sei mesi del 2023 le stesse cifre dell’intero anno precedente. A lanciare l’allarme sono gli stessi operatori sanitari, preoccupati per questa tendenza in aumento. Maria Dalla Bona, risk manager dell’Asst di Cremona, spiega che “se nel 2022 sono state segnalate 68 aggressioni, nei primi sei mesi di quest’anno ne sono già state segnalate 67”.
È importante contestualizzare questi numeri: “Abbiamo notato che la maggior parte delle segnalazioni riguarda aggressioni verbali”, sottolinea Della Bona. “Da un lato, ciò indica che la soglia di tolleranza degli operatori si sta abbassando, dall’altro si intuisce come i pazienti abbiano la tendenza a perdere la pazienza più facilmente e a reagire in modo eccessivo a qualsiasi cosa considerino una mancanza nei loro confronti”.
La maggior parte delle segnalazioni proviene naturalmente dal pronto soccorso, che rappresenta il primo filtro tra l’ospedale e i cittadini e dove spesso si creano situazioni di tensione. Ma anche altri reparti, come la psichiatria, possono essere al centro di comportamenti problematici da parte dei pazienti.
Tuttavia, gli operatori sanitari non mancano di una profonda formazione nella gestione delle situazioni conflittuali: “Esistono tecniche specifiche per gestire la conflittualità e i nostri operatori sono preparati grazie a corsi di formazione appositi che vengono organizzati periodicamente”, sottolinea ancora la risk manager. Negli ultimi sei mesi, un punto di forza è stata “l’apertura di una stazione di polizia interna all’ospedale: ciò ha cambiato positivamente la percezione di sicurezza. Inoltre, in caso di problemi, la vicinanza può fare la differenza”.
D’altra parte, c’è anche un altro lato della medaglia: di fronte alle aggressioni, a causa delle leggi vigenti, spesso l’operatore sanitario si ritrova da solo a sostenere le sue battaglie contro chi lo ha aggredito. Come spiega l’avvocato Romina Vecchia, legale dell’Asst, “purtroppo nella normativa ci sono delle lacune, per cui l’ente non può sostituire l’operatore nel sostenere una causa contro l’aggressore. L’azienda può intervenire solo in caso di danneggiamento. Per gli stessi motivi, quando un operatore vuole costituirsi parte civile nella citazione a giudizio, non ha diritto a essere coperto legalmente dall’azienda e si ritrova a dover sostenere da solo gli oneri processuali. Insomma, ci sono molte variabili che la legge purtroppo non tiene in considerazione”, conclude l’avvocato.
Laura Bosio