SESTO SAN GIOVANNI – Lo sguardo perso nel vuoto, le lacrime trattenute, il telefono in mano in attesa della chiamata del titolare della ditta dove lavora suo padre. “Dobbiamo andare insieme dall’avvocato, che si trova a Gorla”.

Hassan Nosair Gharib è seduto sul muretto alla fine di via Dante, dove vive da tre anni. In una casa a ringhiera di una delle corti del centro, testimonianza dell’antica Sesto agricola, quando si coltivavano i gelsi per i bachi da seta. “Ma cosa è successo, Hassan?”, chiedono i vicini stupiti nel vederlo circondato da tanti estranei. “Hanno arrestato mio padre. Dicono che è un terrorista”. Gli inquilini sono sorpresi. Lui è sconvolto. “Stamattina la polizia mi ha chiamato. Ero già a lavoro, perché faccio le pulizie nei condomini e inizio presto. Mi hanno detto che l’hanno preso: era a casa sua a Brugherio, stava ancora dormendo credo. Da quel momento mi sembra di essere in un incubo. È tutto incredibile”.

Hassan ha 24 anni, è arrivato in Italia nel 2016. “Sono andato a vivere con lui, che ha lasciato l’Egitto 15 anni fa. La nostra vita era normale. Mi ha insegnato come si lavora e come si vive in Italia. Lui ha sempre fatto l’addetto alle pulizie, e io pure”. Fino all’anno scorso vivevano insieme nella corte di via Dante, la via dello shopping a due passi dalla basilica e dalla piazza principale, tra profumi, pellicce, negozi di borse e Swarovski. “Ha trovato casa a Brugherio per avvicinarsi al lavoro e io sono rimasto qui con gli amici. Aveva il lavoro, aveva tutto. Da stamattina penso che non può essere vero. È venuto in Italia solo per aiutare la famiglia in Egitto. Non ho detto nulla a mia madre: è molto malata, ne morirebbe”.

Fedeltà all’ISIS, minacce a Giorgia Meloni, messaggi contro l’Occidente sui gruppi social, chat sulle armi. “Non so cosa dire: crediamo, ma non siamo integralisti. A casa non si è mai parlato di niente, non ci ha mai interessato nulla di tutto questo. Ultimamente non ci vedevamo spesso, non sapevo dei suoi contatti e non conosco le persone con cui frequentava. Io sto sempre a lavorare per aiutare la famiglia. Ho due sorelle e tre fratelli che stanno studiando: tra l’affitto, i soldi da mandare in Egitto e quelli che davo a mio padre, non so nemmeno come pagherò l’avvocato”.

I vicini cercano di dargli supporto. “Fino a 2 anni fa abitavo qui. Il padre era una persona sempre gentile, un grande lavoratore, non ci ha mai dato problemi. Ha anche problemi alle gambe. Hassan, se è così, pensa al tuo futuro”, gli dice Raffaella Polverino. “È sempre mio padre”, risponde a bassa voce. “La nostra idea era tornare in Egitto: papà aveva inviato tramite banca 5.000 euro per ottenere una certificazione che mi permettesse di rientrare nel Paese. Oggi mi sono sentito male. Non sono riuscito a lavorare, non sono nemmeno riuscito a mangiare. Cosa farò? Avrò problemi? Io abito qui, lavoro, ho gli amici. Cosa penseranno di me? E se non lo faranno uscire, quanto tempo resterà in carcere? Cosa dirò alla famiglia?”.

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