Con la riforma della Fornero, una dipendente ospedaliera poteva andare in pensione dopo i 67 anni, ma oggi le condizioni sono cambiate e non si capisce più nulla. Gli operatori sanitari pubblici, che fino allo scorso anno erano considerati eroi nella pandemia, sono ora visti come un costo e vengono penalizzati. Le condizioni per andare in pensione sono peggiorate e loro vengono costretti a turni massacranti per mancanza di personale.
Per coloro che sono riusciti ad andare in pensione prima della riforma Fornero, il calvario non è finito. Oltre a subire una decurtazione dei contributi pensionistici, la loro pensione viene ridotta a causa di un ricalcolo che nessuno conosce.
Un pensionato statale, compresi gli operatori sanitari, ha diritto al pagamento del TFR solo dopo 2 anni dal raggiungimento dei requisiti pensionistici. Ma la burocrazia rende tutto più complicato. Dopo innumerevoli richieste di chiarimenti online sul sito dell’INPS, l’unica soluzione sembra essere contattare telefonicamente l’INPS. Ma anche qui, bisogna armarsi di pazienza per ottenere una risposta. L’operatore può solo prenotare un appuntamento presso la sede INPS competente, che spesso si trova a una trentina di chilometri di distanza.
Non sappiamo ancora come andrà a finire, ma è assurdo che la burocrazia e l’inefficienza degli apparati dello Stato riflettano il cattivo governo. Coloro che continuano in questa direzione, cioè nella demolizione dello stato sociale, sono i lavoratori, i pensionati, i meno tutelati.
In conclusione, la situazione delle pensioni per gli operatori sanitari è sempre più complicata e le loro condizioni peggiorano. È necessario fare qualcosa per proteggere i diritti di coloro che hanno lavorato duramente per il bene della società.