La Procura di Bergamo ha richiesto di fare luce su un possibile disturbo mentale nell’incidente probatorio. Gli incarichi verranno assegnati il 22 gennaio. Dopo due mesi trascorsi in ospedale, ora la donna si trova in carcere.

Se i sospetti degli investigatori corrispondono alla realtà, c’è una questione che tutti si sono posti davanti alla terribile storia di Monia Bortolotti e dei suoi bambini, Alice e Mattia, nati a un anno di distanza l’uno dall’altro e morti entrambi a pochi mesi di vita. La donna, 27 anni, è accusata di averli soffocati perché non sopportava il loro pianto e la domanda inevitabile è: può essere considerata sana di mente? Per risolvere questo dilemma, cruciale anche in vista del futuro processo, la pm Maria Esposito ha chiesto al Tribunale una perizia psichiatrica in incidente probatorio e la giudice per le indagini preliminari Federica Gaudino lo ha disposto. Ciò significa che le conclusioni redatte potranno essere utilizzate come prove in Corte d’Assise. L’incarico sarà affidato domani (lunedì 22 aprile 2024) ai medici Elvezio Pirfo e Patrizia De Rosa di Torino, mentre per la Procura sarà incaricato Sergio Monchieri di Brescia. Non si sa, tuttavia, se la difesa, con l’avvocato Luca Bosisio, avrà un proprio consulente.

Con questa mossa non significa che gli investigatori si siano allontanati dalla loro idea. Di fronte agli elementi raccolti dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Bergamo, la convinzione della pm rimane che Bortolotti fosse pienamente consapevole di ciò che stava facendo quando, nella casa a Pedrengo del compagno e padre dei bambini, uccise – sempre secondo l’ipotesi investigativa – la figlioletta, soffocandola con un cuscino mentre piangeva nella culla, e successivamente il fratellino, stringendolo in un abbraccio mortale. Questo nonostante la presenza dei familiari in quel momento, che si era fatta molto stretta. Inoltre, il fatto che Mattia sia morto nell’unico momento in cui la madre era stata lasciata sola nell’appartamento, mentendo sulla storia che un’amica l’avrebbe raggiunta, è uno degli indizi valorizzati in chiave accusatoria. Era il 25 ottobre 2022, mentre Alice morì il 15 novembre 2021.

In questa vicenda, sulla quale il riserbo è massimo fin dall’inizio, la lettura degli investigatori non sembra essere cambiata considerando il ritorno in carcere di Bortolotti dopo due mesi trascorsi all’ospedale Papa Giovanni XXIII, dove era stata portata poche ore dopo l’arresto all’inizio di novembre. Se fosse cambiato qualcosa, probabilmente la stessa pm avrebbe suggerito il trasferimento in una struttura di cura. Ma d’altra parte, la lunga durata del ricovero ha confermato che, nella migliore delle ipotesi, esiste una condizione di grande fragilità. In sostanza, prima o poi sarebbe sorto il tema di un possibile disturbo mentale e in Procura hanno ritenuto preferibile affrontarlo in anticipo, con le indagini ancora in corso.

Bortolotti è cresciuta a Gazzaniga come figlia adottiva di una coppia che l’ha presa con sé da neonata, ultima orfana di Madre Teresa di Calcutta. Suona il violino ed è appassionata di danza. L’ha sempre studiato ed è in una scuola di balli caraibici che ha conosciuto il compagno Cristian Zorzi. Dopo l’arresto, il suo avvocato ha tentato il ricorso al Riesame, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare e, in subordine, gli arresti domiciliari a casa del padre (i Bortolotti sono separati da tempo). Ma i giudici bresciani hanno respinto la richiesta e, secondo quanto si sa, non ci sarà un ulteriore ricorso in Cassazione. Durante l’interrogatorio di garanzia, la ragazza non ha parlato, ma al di là delle deposizioni formali, la sua versione è nota, scritta da lei su un gruppo Facebook dedicato alle morti in culla. Negò. Sostenne che Alice morì dopo la poppata per un rigurgito nella culla, mentre lei stava sistemando in un’altra stanza. Accennò anche a un cuscino sistemato male per errore. Con Mattia, invece, si sarebbe addormentata, schiacciandolo con il suo peso.

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