Il Poncione di Ganna: una passeggiata alla scoperta della natura incontaminata

Lasciata alle spalle la “città giardino”, la strada si inoltra sinuosa e silenziosa lungo la valle. Acqua pura, grotte, piccoli borghi, verdeggianti declivi stimolano a fermare l’automobile, ad osservare, a scoprire una natura lussureggiante alle spalle di una città capoluogo ma, con una definizione ormai desueta, ancora “a misura d’uomo”. La frenesia delle nostre vite ci induce a non perdere di vista i nostri obiettivi di lavoro, a concentrarci totalmente sui nostri problemi, sulle nostre cose, la nostra famiglia… tutto giusto, s’intende.

Ma percorrendo questa strada, appena fuori città, tra acque pure, cascate, borghi, antiche badie e boschi rigogliosi non si resta indifferenti. Allora la calma ci pervade ed un atavico istinto ci spinge ad osservare, ad alzare lo sguardo. E allora, in un certo tratto di quella strada che si inoltra silenziosa e sinuosa, scorgiamo una guglia rocciosa affascinante ed ammaliatrice. Ed è obbligatorio, per staccare dalla frenetica attività quotidiana, andarla a visitare. Quella guglia è il Poncione di Ganna.

L’itinerario

Dall’autostrada dei Laghi in direzione Varese si esce a Gazzada da cui, con la comoda tangenziale si evita il centro di Varese. Superato il Centro Commerciale e seguendo le indicazioni per Luino e Ponte Tresa si entra in Valganna. Nei pressi della fabbrica della birra si può già godere di una spettacolare vista della nostra vetta. Si continua sino a Ganna, che si attraversa e poco dopo si sale a destra verso l’Alpe Tedesco raggiungendo l’omonimo passo dopo circa 5 km di tornanti. Qui si lascia l’auto nei rari spazi che si trovano a margine della strada.

Dal Passo si sale il dosso boscoso sulla destra, arrivando in breve ad un discutibile roccolo di caccia che si contorna a destra. Al culmine della salita si scende fino ad incrociare la mulattiera proveniente dall’Alpe Tedesco sita a poche centinaia di metri più avanti del Passo. Si cammina quindi in salita lungo questa mulattiera per qualche centinaio di metri fin quando spiana. A questo punto ci si tiene a destra (cartello) percorrendo un sentiero che conduce sotto le propaggini della cresta NW. Con una lunga diagonale in falsopiano a sinistra, si percorre tutto il versante NE fino a quando, ad una svolta, inizia la cresta SE (dove è presente una rudimentale panchina).

Da qui inizia una salita, seppur facile, decisamente più ripida e che nell’ultimo tratto, ormai in vista della grande croce, presenta alcuni gradini rocciosi che conducono alla superba vetta dallo sconfinato panorama sulla Valganna, con i Laghi di Ganna e Ghirla, sul Campo dei Fiori, sul Monte Martica, e la vicina Valceresio con il Lago di Lugano, sul Monte Minisfreddo, sul Monte Orsa e Monte San Giorgio e, più in lontananza sul Monte Generoso, e Monte Rosa, con ampio orizzonte sulla catena delle Alpi Lepontine e Alpi Retiche.

La discesa avviene lungo il percorso di salita. Se si vuole prolungare l’escursione si più però percorrere facilmente la cresta che unisce il Poncione al dirimpettaio Monte Minisfreddo. Si cammina su buon sentiero fino a quando la cresta si abbassa ripidamente. A questo punto, giunti ad un breve pianoro si stacca sulla sinistra un sentierino che raccordandosi più sotto con quello proveniente dal Minisfreddo, torna alla panchina alla base della cresta SE, da dove siamo transitati all’andata. Da qui raggiungere di nuovo la depressione dalla quale si risale al roccolo e scendere al passo dove abbiamo lasciato l’auto.

La nota storica

Cosa c’è di più sostenibile del viaggiare in bicicletta? Pedalare, faticare, immergersi nella natura con una “macchina” che non lascia nulla dietro di sé, nell’aria e che non fa rumore e non rilascia odori. E cosa c’entra la bicicletta col Poncione di Ganna? Apparentemente niente. Eppure… in questi luoghi, quelli sotto il Poncione per intenderci, era nato un tale Luigi Ganna che nulla a che vedere col nome della montagna ma che ben figura nell’orizzonte della sostenibilità oggi tanto agognata. Ebbene Luigi Ganna è stato uno che con la bicicletta ci sapeva fare. Ne faceva di chilometri: per andare a lavorare, dalla sua Induno Olona fino a Milano dove faceva il “magutt”, ne percorreva ben 110 ogni giorno! Ganna era una forza della natura, senza neppure saperlo manifestava una “resilienza” per noi inimmaginabile. E forse proprio quella istintiva “resilienza”, lo ha portato a vincere il primo Giro d’Italia (1909).

Non era solo uno che andava in bicicletta, non era solo un muratore, non era solo uno dei nove figli di una famiglia di contadini. Ganna è stato l’inconsapevole avanguardia di quel movimento che adesso facciamo nostro, per difendere la natura aggredita dalla violenza delle macchine delle quali lui, il “magutt” Ganna, sapeva farne a meno. E per dare colore a questo ecologista ante litteram non si può non citare la sua divertente ma significativa espressione della sua personalità umile e concreta (un binomio che spesso noi perdiamo per strada). Ad un cronista che lo sollecitava ad esprimere un commento a caldo, chiedendogli quale fosse la sua impressione più viva dopo la vittoria al Giro Ganna rispose: “L’impressione più viva l’è che me brüsa tant ‘l cü !” (“è che mi brucia tanto il sedere” ndr)

Per un pranzo al sacco Veg

Un suggerimento per un gustoso pranzo al sacco vegano a impatto zero: torta salata con tofu, radicchio e patate

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