La storia di Ilaria Salis, insegnante monzese detenuta in Ungheria con l’accusa di lesioni aggravate nei confronti di presunti neonazisti durante le manifestazioni per il “Giorno dell’onore”, ha scosso l’opinione pubblica italiana ed europea. Suo padre, Roberto Salis, ha raccontato la dura realtà della detenzione della figlia, evidenziando la mancanza di supporto da parte delle istituzioni italiane e la gestione europea di situazioni antidemocratiche come quelle in Ungheria.

I primi giorni di detenzione sono stati particolarmente difficili per Ilaria, che è stata arrestata mentre si trovava in un taxi e successivamente spogliata dei vestiti e privata di beni di prima necessità in carcere. Nonostante siano passati diversi mesi dalla sua detenzione, le condizioni rimangono quasi invariate, con piccoli interventi superficiali per migliorare l’aspetto delle celle.

Roberto Salis ha denunciato anche la gestione del processo, evidenziando la disposizione particolare dell’aula e alcune violazioni nel corso delle udienze. Ha inoltre criticato l’ideologia nazionalista etnica presente in Ungheria, che permette atti di apologia al fascismo e al nazismo, contrari ai valori europei condivisi.

Nonostante le difficoltà, Roberto Salis si affida all’aiuto dell’opinione pubblica per ottenere giustizia e liberazione per sua figlia Ilaria, esprimendo preoccupazione per il ruolo delle istituzioni nel garantire i diritti delle persone detenute in condizioni ingiuste. La vicenda di Ilaria Salis mette in luce le sfide e le contraddizioni presenti nell’Unione Europea e la necessità di un impegno comune per difendere i valori democratici e i diritti umani.

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