Oggi, venerdì 14 aprile, si è tenuta una riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica presso la Sala Consiliare della Provincia di Varese. La riunione è stata presieduta dal Prefetto di Varese e sono stati presenti il Consigliere Di Toro in rappresentanza del Presidente della Provincia, l’Assessore Catalano in rappresentanza del Sindaco di Varese, il Questore e i Comandanti Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, alcuni Sindaci nei cui territori sono ubicati gli esercizi commerciali di rivendita di derivati e infiorescenze di cannabis, il rappresentante del Presidente della Camera di Commercio, il rappresentante del Dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Varese, il rappresentante di ATS Insubria di Varese, il Direttore Generale di ASST dei Settelaghi, il Direttore Generale di ASST della Valle Olona, il Presidente dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Varese e il Presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Varese. L’argomento della riunione è stato la problematica riguardante la commercializzazione di canapa, inflorescenze, olio e resina e la normativa sugli stupefacenti.

Durante la riunione è stata richiamata la direttiva del Ministro dell’Interno del 9 maggio 2019, che evidenzia che la legge 2 dicembre 2016, n. 242 promuove esclusivamente la coltivazione agroindustriale di canapa delle varietà ammesse e che solo in relazione a tale attività non opera il divieto di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 309/1990. È stato sottolineato che dalla suddetta coltivazione non possono essere lecitamente ottenuti prodotti diversi da quelli puntualmente elencati nell’art. 2, comma 2 della stessa legge n. 242 del 2016 e, in particolare, foglie, infiorescenze, olio e resina.

Successivamente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sulla questione con sentenza n. 30475 in data 30 maggio 2019, escludendo l’applicazione della legge n. 242 del 2016 al commercio della cosiddetta “cannabis light”. La Cassazione ha affermato che la cessione, la messa in vendita o la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, infiorescenze, olio e resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientrano nell’ambito di applicabilità della legge n. 242 del 2016. Nella medesima pronuncia viene, altresì, chiarito che tali condotte integrano gli estremi del reato di cui all’art. 73 del D.P.R. n. 309/1990, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7 della citata legge n. 241/2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività.

È importante ricordare la sentenza della Corte Suprema di Cassazione Sez. III Penale, 13/5/2020, n. 14735, secondo la quale “il commercio o anche solo la messa in vendita di cannabis costituisce reato a tutti gli effetti previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990”.

Nonostante ciò, le preminenti ragioni di tutela della salute e dell’ordine pubblico messe in pericolo dalla circolazione di siffatte sostanze impongono di mantenere alta l’attenzione, proseguendo lungo le due direttrici di intervento già positivamente sperimentate, ossia, da un lato, l’azione di sensibilizzazione degli operatori commerciali, chiamati a conformarsi al chiaro dettato normativo nella materia, dall’altro, la mirata e coordinata azione di controllo, che dovrà dispiegarsi sul territorio tenendo conto proprio dei richiamati arresti giurisprudenziali.

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