Una giovane speleologa è rimasta bloccata dopo un infortunio nel sottosuolo delle montagne sopra il lago d’Iseo. Dopo essere stata recuperata dai soccorsi, ha dichiarato ai suoi amici: “Ho fatto un guaio”.

La sorella della speleologa, Ottavia Piana, è riemersa dalla grotta Bueno Fonteno mentre il fratello, Lorenzo, non ha mai distolto lo sguardo dalla barella. I suoi occhi seguono attentamente la giovane speleologa del Cai di Lovere, di 31 anni, bloccata da domenica per una ferita alla gamba, nelle viscere di Fonteno. Quando la barella raggiunge un piccolo avvallamento, Lorenzo la saluta con la mano, si avvicina e si china. Ottavia ha trascorso quasi due giorni a una profondità di oltre 100 metri. Dopo un rapido scambio di battute, arriva l’elisoccorso che la solleva con un verricello e la porta all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Il fratello afferma: “Era tranquilla e serena, l’ho vista sollevata. Non è stato piacevole, ma sapevamo che non si era fatta niente di grave. È sempre stata vigile e cosciente, questo ci ha rincuorato”. Anche al campo base si festeggia: “Barella fuori ora”, ripete il tecnico dall’altro capo della linea. Poi sono solo abbracci, pacche sulle spalle e sorrisi liberatori. Il medico e speleologo Corrado Camerini, che ha coordinato i soccorsi, commenta: “Affrontiamo problemi complicati, arriviamo da zone diverse, ma lavoriamo uniti. Abbiamo salvato una vita, con questa complessità solo il Soccorso alpino e speleologico era in grado di farlo”. Devis Magri, uno dei primi a vedere Ottavia, racconta: “Quando l’ho raggiunta mi ha salutato scherzando: ‘Ho fatto un guaio, questa volta l’ho combinata grossa'”. Devis conosce bene la grotta, essendo del posto ed essendo stato nel team che ne ha scoperto l’ingresso nel 2006. Conosce anche molto bene Ottavia, con cui ha fatto diverse esplorazioni. Bueno Fonteno è un labirinto di spazi angusti e altri più ampi, in parte ignoti. L’ingresso è immerso in una folta vegetazione e per raggiungerlo bisogna percorrere un paio di chilometri lungo una mulattiera. Ottavia era scesa accompagnata da altri quattro speleologi lungo un percorso di 150 metri in discesa tra pozzi verticali, meandri e cunicoli. Qui ha preso una diramazione della grotta ancora da esplorare, ma il blocco di roccia su cui aveva ancorato l’appiglio ha ceduto, colpendole la gamba sinistra. A Fonteno sono arrivati settanta uomini del Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico che hanno lavorato ininterrottamente per 48 ore, nonostante i temporali che hanno allagato parte della grotta. Federico Gregoretti, che ha accompagnato Ottavia nell’ultimo tratto, racconta: “È stata più dura a livello mentale che fisico. È impegnativo mantenere la concentrazione in turni così lunghi. Ma dentro alle grotte ci sono persone come noi. E sappiamo che in determinate circostanze della nostra vita potremmo esserci noi su quella barella”.

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