Il divieto di nuove immissioni di coregone nel lago di Garda ha lasciato increduli e delusi i pescatori. Mentre sul lago di Como e l’Iseo il ministero dell’Ambiente ha autorizzato la ripresa delle produzioni di larve negli incubatoi, nel lago di Garda tutto resta fermo. La decisione potrebbe durare molti anni. Il consigliere regionale lombardo di Fdi Diego Invernici conferma che per il Garda non è possibile autorizzare nuove immissioni perché gli studi scientifici mostrano il problema dello scontro tra il coregone, una specie alloctona, e il carpione, un pesce autoctono a rischio di estinzione. La deroga per il lago di Como e l’Iseo è invece basata su solide basi scientifiche. Dati alla mano, il coregone rappresenta l’80% del pescato totale del Garda. Gli addetti ai lavori sulla riviera benacense non sono sorpresi dalla decisione, ma sono comunque perplessi e speravano che il via libera fosse esteso anche a loro. Germano Bana, vicepresidente di Upbs, l’Unione pescatori bresciani, che gestisce la produzione ittica all’incubatoio regionale di Desenzano, afferma che c’era il sentore di questa decisione ma che sono comunque perplessi. Prima del fermo ministeriale, il lago di Garda conteneva 50 milioni di uova di coregone. Filippo Gavazzoni, vicepresidente della Comunità del Garda, afferma che questa decisione era già contenuta nella relazione Ispra e che mancano studi sulla biomassa e sulle specie ittiche nel Benaco. Da tre anni permane il fermo e bisogna capire per quanto tempo ancora il coregone potrà riprodursi in natura. Gavazzoni sottolinea la necessità di investire nelle conoscenze biologiche per progettare con rigore scientifico azioni di compenso e recupero, come ripopolamenti ittici e studi sulla biomassa, e di creare un nuovo regolamento sulla pesca che guardi al futuro in modo consapevole e lungimirante. La Comunità del Garda si farà portavoce di queste ragioni.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui