La gondola lariana è un’imbarcazione storica a vela utilizzata per il trasporto di merci sul Lago di Como. Questa barca ha una forma elegante, con fiancate tonde e prua slanciata. Si ipotizza che abbia avuto origine dalla liburnica, una nave romana dell’epoca: entrambe avevano la caratteristica di essere manovrabili grazie al fondo piatto e alle due false chiglie che permettevano di navigare a vela senza inclinarsi troppo. Con l’introduzione della navigazione a vapore sul Lago di Como nel 1826, le gondole entrarono in competizione con i piroscafi, ma riuscirono a sopravvivere grazie alla loro praticità, poiché i piroscafi potevano attraccare solo ai pontili attrezzati. Il trasporto con le gondole continuò fino alla metà del Novecento, quando fu superato dal trasporto su autocarri o ferrovia.

Oggi, alcuni esemplari di gondole sono conservati al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano e al Museo della Barca Lariana di Pianello del Lario. Sul Lago di Como, sono ancora presenti due gondole ormeggiate al molo di Loppia a Bellagio: la “Giulia” e la “Rosina”.

Non esisteva una misura standard per le dimensioni delle gondole, poiché sono citate anche gondole di 30 metri di lunghezza e con una portata di 120 tonnellate. La gondola era caratterizzata da una prua sottile con un mezzo ponte e una poppa rigonfia con un piccolo riparo chiamato “tèm”. La parte centrale dell’imbarcazione aveva due zone: una prua scoperta fino all’albero e una parte a poppa che poteva essere coperta con un tendone sostenuto da cerchi in legno.

Lo scafo era a fondo piatto, nonostante la curvatura dei fianchi. Per l’attracco, c’era un dolfin posticcio a prua. La barca veniva governata con un unico timone comandato da un’asta chiamata “magnöla”. Era dotata di due lunghi remi legati a scalmi in legno duro o, più raramente, in ferro. Aveva anche una passerella esterna ai cerchi, chiamata “capèl” o “passadüra”, utilizzata per gli spostamenti quando la parte centrale era occupata dal carico. Era anche utile per le manovre in cui il barcaiolo utilizzava un “puntàal” di 6 o 7 metri per spingere la barca sul fondo.

Dal punto di vista estetico, la gondola era particolarmente curata: sia il pattino a prua che il timone a poppa erano decorati con una voluta. Il colore predominante era il nero, dato dal rivestimento di pece. I dettagli come bordi, pattino e cerchi erano dipinti con vari colori. La vela e il tendone avevano un colore beige dovuto al trattamento della canapa con tannino. Spesso sull’albero era presente una banderuola di lamiera con forme che dipendevano dal paese di appartenenza o dalla famiglia.

La gondola aveva un solo albero, fissato al primo cerchio e alla mantàula, un’asse posta sopra i cerchi. La vela rettangolare in canapa aveva le stesse dimensioni dello scafo ed era legata al pennone con una serie di anelli rinforzati con cuciture. Il pennone veniva alzato tramite una drizza che scorreva in una carrucola posta in cima all’albero. Il pennone era dotato di una serie di bertocci infilati su una corda che circondava l’albero; a questi bertocci era collegata una fune per ammainare la vela in caso di vento forte. La vela era attraversata verticalmente da una cima legata ad un anello dell’albero, che serviva sia a contrastare la forza del vento sia a evitare che la vela finisse in acqua quando veniva calata completamente. Il bordo inferiore della vela era fissato con due scotte al secondo cerchio.

Per il carico e lo scarico delle merci, si utilizzava una semplice tavola di legno chiamata “bànca” appoggiata tra la prua della barca e la riva. La gondola non aveva un’ancora, ma dietro la voluta di prua era presente un anello a cui si poteva fissare una catena d’attracco, la quale veniva poi assicurata a un anello murato al molo. Per rendere l’ormeggio più stabile, era possibile fissare cime dagli anelli del molo ai cerchi di poppa.

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