La politerapia: un rischio per i pazienti anziani

Spesso capita durante il lavoro in ospedale di assistere a errori nella somministrazione dei farmaci da parte dei pazienti. La Dott.ssa Alba Sciascera, Direttore UOC Medicina dell’Ospedale di Saronno, racconta alcuni episodi in cui i pazienti hanno confuso la modalità di assunzione dei farmaci o addirittura hanno preso il farmaco sbagliato a causa di una fonetica simile.

La Dott.ssa Sciascera racconta di un paziente che ha sviluppato una grave insufficienza renale perché ha confuso un diuretico con un antibiotico a causa della somiglianza dei nomi dei due farmaci. Inoltre, recentemente ha ricevuto una telefonata da un parente di un paziente dimesso che si è trovato a gestire ben 6 farmaci diversi. Sulla lettera di dimissione i farmaci erano elencati con il nome del principio attivo, generando confusione sia nel paziente anziano che nel parente più giovane. Questi sono solo alcuni dei rischi della politerapia, che colpiscono soprattutto i pazienti polipatologici che assumono più di 5-6 medicinali al giorno.

La problematica dell’aderenza alle terapie e dei potenziali errori nella gestione dei farmaci è ampiamente documentata. Numerose fonti riportano che 1 paziente su 5 dimentica la terapia, 1 paziente su 7 sbaglia il dosaggio e il 30% degli anziani assume 10 o più farmaci, mentre il 66% degli adulti assume più di 5 farmaci all’anno.

La Dott.ssa Sciascera spiega che parte dei ricoveri sono causati da interazioni sconosciute tra farmaci che superano i benefici attesi. I motivi della politerapia possono essere diversi, come l’aumento dell’età e delle malattie, la tendenza a considerare il paziente come un contenitore di organi malati e pillole, e la paura dei medici di modificare la terapia. Così si accumulano nel tempo farmaci e medicine, senza considerare il timore dei pazienti di cambiare le cure e i potenziali effetti collaterali che possono non essere comunicati.

Inoltre, non esistono studi che descrivono le interazioni specifiche tra i farmaci assunti contemporaneamente da un paziente anziano che assume 6 o 7 farmaci (o più), considerando anche gli orari di assunzione, la dieta, il metabolismo renale ed epatico, ecc. Le linee guida attuali non tengono conto della comorbilità e delle interazioni tra farmaci.

Uno studio del 2016 condotto da ricercatori australiani e pubblicato sul British Medical Journal ha evidenziato l’importanza della condivisione delle decisioni nel contrastare la politerapia inappropriata nella popolazione anziana. Si tratta di coinvolgere medici e pazienti nel processo decisionale, aumentando la consapevolezza del problema e promuovendo un cambiamento di rotta.

L’ospedale di Saronno ha deciso di affrontare questa problematica a partire dallo scorso anno. Il progetto prevede una collaborazione attiva tra il farmacista ospedaliero e il medico internista nella gestione del paziente. In base a criteri stabiliti insieme, l’internista proporrà al farmacista una valutazione della necessità, dell’efficacia e della sicurezza della terapia in corso. Il farmacista segnalerà eventuali effetti collaterali e interazioni tra farmaci e discuterà con l’internista le possibili modifiche da apportare. Tali modifiche saranno poi comunicate al Medico di Medicina Generale tramite un documento allegato alla lettera di dimissione del paziente.

Il Dott. Paolo Lusuriello, Responsabile della Struttura Complessa di Farmacia dell’ASST Valle Olona, conferma che la politerapia nel paziente anziano è associata a un aumento del rischio di perdita dell’autonomia funzionale, deficit cognitivo, fragilità e ospedalizzazione. L’obiettivo è comprendere e analizzare ogni paziente in modo appropriato, al fine di fornire le cure e le terapie più appropriate e condivise. La collaborazione tra farmacista ospedaliero e clinico rappresenta un valore aggiunto per la sicurezza nell’uso dei farmaci e per il miglioramento della cura e dell’assistenza. Un’adeguata rivalutazione della terapia farmacologica può portare al miglioramento della qualità di vita, ma è necessario monitorare il paziente dopo l’armonizzazione terapeutica.

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