Frammenti di virus dell’influenza aviaria sono stati rilevati in campioni di latte pastorizzato negli Stati Uniti, dove un ceppo di H5N1 ad alta patogenicità sta contagiando le mucche da latte in diversi stati. La Food and Drug Administration (Fda), insieme ai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e al Dipartimento dell’Agricoltura, sta indagando sull’epidemia di aviaria negli allevamenti. Le autorità sanitarie rassicurano che non ci sono rischi per i consumatori, poiché il test Pcr utilizzato individua tracce di materiale genetico e non necessariamente virus vivi e infettivi.

Il professor Roberto Burioni, esperto di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, commenta che la presenza di frammenti di H5N1 nel latte non dovrebbe sorprendere, in quanto in passato sono stati trovati anche nelle acque reflue. È importante evitare allarmismi, ma allo stesso tempo migliorare la trasparenza nella comunicazione dei dati, la sorveglianza negli allevamenti e la prevenzione di eventuali ‘fughe’ del virus.

L’epidemiologo Massimo Ciccozzi sottolinea che i casi di H5N1 nei bovini sono motivo di preoccupazione e richiedono un’azione urgente per mitigare potenziali rischi per la sanità pubblica, il benessere degli animali e la stabilità economica nel settore lattiero-caseario. Uno studio italiano ha evidenziato una pressione selettiva nel gene dell’emoagglutinina che potrebbe portare a virus meglio adattati a legarsi ai recettori umani, suggerendo la necessità di una solida sorveglianza, risposte rapide e rigorose, e protocolli di biosicurezza per proteggere sia gli esseri umani che gli animali e mantenere la resilienza del settore lattiero-caseario.

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