Il 14 febbraio è stata fissata l’udienza d’appello di Alessandro Maja, responsabile della strage di Samarate. I suoi difensori intendono puntare nuovamente sulla perizia psichiatrica, sostenendo che Maja, prima di commettere l’omicidio della moglie Stefania, della figlia Giulia di 16 anni e di gravemente ferire il primogenito Nicolò, era in grado di intendere e volere. Questa tesi contrasta con la prima perizia, che i difensori vorrebbero ora ribaltare.

In primo grado, l’attenuante della capacità di intendere e volere era già stata esclusa. I difensori affermano che Maja aveva già tentato il suicidio due volte prima di sterminare la sua famiglia. Tuttavia, secondo Stefano Bettinelli, avvocato della parte civile, non ci sono prove mediche in merito: “Non risultano documenti che attestino i suoi tentativi di suicidio. Parliamo di una strategia. Inoltre, Maja ha risarcito solo in parte il figlio”. I familiari delle vittime chiedono la conferma della condanna all’ergastolo emessa in primo grado.

Maja ha confessato la sua colpevolezza in primo grado, dichiarando durante l’esame che non pensa più al suicidio. Il figlio Nicolò ha ribadito che la condanna all’ergastolo è stata giusta. Tuttavia, il motivo alla base della strage non è mai stato rivelato dall’autore del duplice omicidio. Tutto rimane sepolto nella sua mente.

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