Nassiriya: Seregno ricorda il ventesimo anniversario dell’attentato
Con un giorno di ritardo sulla data canonica, per coinvolgere gli studenti della vicina scuola secondaria di primo grado don Milani, Seregno ha ricordato lunedì 13 novembre il ventesimo anniversario dell’attentato a Nassiriya, in Iraq, costato la vita nel 2003 a diciannove italiani impegnati in una missione di pace sul posto. La cerimonia, cui hanno partecipato amministratori e consiglieri comunali, i rappresentanti dell’Arma dei carabinieri e delle forze dell’ordine, della protezione civile, delle associazioni d’arma e combattentistiche ed il prevosto monsignor Bruno Molinari, è stata ospitata dal giardino pubblico intitolato ai caduti di quel tragico giorno, tra le vie Parini e Carroccio.
Durante la cerimonia, sono stati molto sentiti ed apprezzati gli interventi di due testimoni del dramma, il primo luogotenente dell’aeronautica militare Christian Appennini, infermiere, e monsignor Angelo Frigerio, già vicario generale dell’ordinariato militare.
Christian Appennini ha raccontato la commozione che ha provato quel giorno: “Quella mattina eravamo a dieci chilometri da Nassiriya, in un ospedale allestito con alcune tende. Nonostante la distanza, le tende tremarono al momento dell’esplosione. Non capimmo subito cosa fosse successo, finché non arrivò una chiamata, che ci invitava a raggiungere gli elicotteri, per i soccorsi. Alcune delle vittime ed alcuni dei feriti li conoscevo ed erano persone straordinarie, che avevano fatto molto per la popolazione locale. Furono colpiti proprio per dimostrare ai civili del posto che nessuno li poteva difendere. È molto bello che voi, a distanza di così tanti anni, li ricordiate ancora”.
Monsignor Angelo Frigerio ha invece condiviso la sua esperienza: “La sera in cui rientrarono le salme, fui incaricato di accoglierle. Mi interrogai su cosa avrei potuto dire ai parenti di quei connazionali scomparsi, sperando di non fare danni. Mi trovai davanti ad una piccola folla, con circa trenta o quaranta persone per ciascun defunto, tra cui una mamma che piangeva, con accanto la nuora rimasta vedova di suo figlio, già madre di un ragazzo portatore di un handicap. Pensai che mi avrebbe contestato l’assenza di Dio nel momento dell’attentato, invece mi abbracciò ed affermò che Dio ha un disegno sulla storia dell’umanità, che faticava a capire nella sua complessità, e mi chiese di pregare per lei, affinché accettasse la disgrazia e la sofferenza”. Il sacerdote ha quindi concluso: “Mi resi conto che a volte crediamo di dover dire qualcosa di fronte a chi soffre, mentre in realtà occorrerebbe riflettere se non abbiamo qualcosa da imparare”.
Prima dell’esecuzione dell’inno nazionale, intonato da alcuni studenti della secondaria di primo grado don Milani, il sindaco Alberto Rossi ha sottolineato che “c’è un senso di gratitudine per persone che, in aree complicate, si impegnavano per il bene della comunità. Diciassette di loro portavano una divisa, che deve incutere rispetto, ma che rappresenta anche un interlocutore al quale chiedere e dal quale non si deve stare lontano. Queste persone ci insegnano che, anche quando si rischia, vale la pena lavorare per la pace”.