La cosiddetta Uber Economy in America è diventata anche un ammortizzatore sociale. Mentre Parigi sta frenando sull’uso dei monopattini e Milano sta cercando di mettere ordine, sembra che la bicicletta, considerata uno strumento di criminalità all’inizio del ‘900, ci stia salvando.
La città condivisa sembrava solo una moda passeggera, ma dopo l’entusiasmo iniziale per il car sharing, bike sharing e monopattini in sharing, si è parlato di una nuova forma di economia in condivisione: l’Uber Economy. Anche se in Italia Uber è stato bloccato per legge, il concetto rimane lo stesso. Uber X, come viene chiamato negli Stati Uniti, è diventato un ammortizzatore sociale di successo. Tra un lavoro e l’altro, chiunque può trovarsi a fare l’autista. Ancora oggi è un piacere salire su un Uber e parlare con il conducente: una volta mi è capitato di avere come autista un ex aiuto regista di Michelangelo Antonioni.
Tuttavia, sono successe molte cose nel frattempo. Il virus che ha bloccato il mondo ha messo in discussione il concetto di condivisione, perché nessuno vuole condividere un virus come il Covid-19 o il Covid-20. Poi c’è stato il caos nelle città, il disordine, la maleducazione e la convinzione di essere al di sopra delle regole. I monopattini sono stati abbandonati per strada, i parcheggi sono diventati selvaggi e i pirati dei monopattini hanno invaso i marciapiedi, causando incidenti mortali. Parigi ha detto basta ai monopattini, anche se la decisione è stata presa da una minoranza. Fortunatamente, le biciclette sono ancora considerate una fase di rodaggio, un’opportunità per sperimentare e apportare modifiche in base alle diverse realtà locali di questo fenomeno globale. A Milano, ad esempio, una città meno caotica e estesa rispetto a Parigi, si è trovato un equilibrio grazie agli accordi con le società che pagano le persone per sistemare e mettere in ordine i monopattini. Dal punto di vista economico, ha senso: sappiamo tutti che le automobili private restano ferme per il 95% del tempo, occupando solo un parcheggio. D’altra parte, è sempre stato così: quando la bicicletta è stata introdotta nell’Ottocento, è stata osteggiata. Un editto regio del 1818 ne vietava l’uso durante l’ora della passeggiata. Cesare Lombroso, all’inizio del Novecento, la citava come strumento di criminalità, come nei romanzi di Testori o nelle canzoni di Francesco De Gregori. Oggi, in un certo senso, la bicicletta ci sta salvando.
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