Il processo contro Attilio Fontana e altri quattro indagati per il cosiddetto “caso camici” ha avuto un nuovo sviluppo, con l’avvocato Jacopo Pensa che ha parlato davanti alla Corte d’Appello di Milano. L’avvocato ha sottolineato che i pubblici ministeri hanno proposto un patteggiamento ad una pena pecuniaria, dopo aver svolto tutte le indagini necessarie, ma il presidente della Regione Lombardia ha rifiutato. Secondo l’avvocato, i pm hanno avuto un momento di crisi perché hanno capito che questo processo non avrebbe dovuto essere fatto.

Pensa ha spiegato che questa vicenda ha richiesto molte risorse e ha accusato i pm di aver costruito un film che va contro la realtà dei fatti. Ha sottolineato l’incertezza e la ricerca del reato da parte dei pm, che hanno cambiato l’accusa nel corso delle indagini, passando da turbativa a frode in pubbliche forniture. Secondo la difesa di Fontana, questo processo è il contrario di ciò che dovrebbe essere un processo.

L’avvocato ha anche citato le parole del presidente Mattarella, che di recente ha criticato l’innamoramento dei magistrati verso le proprie tesi, invitandoli a non innamorarsi delle tesi. Ha quindi evidenziato l’errore dei pm nel rimanere legati alla propria tesi senza considerare altre possibilità.

Il processo si basa su un’indagine che ha coinvolto Fontana, il cognato Andrea Dini, titolare di Dama spa, Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, ex dirigenti di Aria, centrale acquisti regionale, e il vicesegretario generale di Regione Lombardia, Pier Attilio Superti. Tuttavia, il giudice Chiara Valori ha emesso una sentenza di “non luogo a procedere perché il fatto non sussiste” per tutti gli imputati durante l’udienza preliminare. Ora spetta alla Corte d’Appello decidere sul ricorso presentato dalla Procura milanese contro i proscioglimenti. La decisione sarà presa il 10 luglio.

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