Un uomo di origini tunisine è stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale dopo aver aggredito una pattuglia di polizia mercoledì scorso. L’uomo, di 40 anni, si trovava al bar delle stazioni nel capoluogo quando ha iniziato a litigare con una cassiera e ha minacciato di usare una bottiglia di vodka. Una volta fermato dalla polizia, l’uomo si è ribellato, sputando addosso agli agenti e distruggendo la camera di sicurezza una volta arrivato in questura.
L’indagato ha precedenti penali per rapina, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, e ha anche altre pendenze giudiziarie. Nonostante sia stato rilasciato a gennaio scorso, è stato detenuto in due diversi Centri di permanenza per il rimpatrio, a Milano e Trapani, ma è stato rimesso in libertà a causa della mancanza di documenti per l’espulsione.
Durante l’udienza, l’uomo ha raccontato di essere passato in una lavanderia a gettoni e di aver già bevuto mentre aspettava che la lavatrice finisse. Poi è andato al bar e ha chiesto uno “shortino” che la barista ha rifiutato di dargli. È a questo punto che l’uomo ha iniziato a comportarsi in modo aggressivo, anche se durante l’udienza ha dichiarato di non ricordare cosa fosse successo. Quando la polizia è arrivata, gli agenti gli hanno chiesto i documenti, che l’uomo non aveva, e lo hanno portato in questura. Secondo la ricostruzione degli eventi, l’uomo è stato ammanettato e legato alle caviglie, e successivamente messo in cella dalle 9 alle 13. Durante questo periodo, ha dato calci alla porta della camera di sicurezza.
L’imputato si è scusato in tribunale dicendo “magari ho offeso qualcuno”. La pubblica ministero ha chiesto l’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria. La difesa ha parlato di una “falla nel sistema” legata all’impossibilità di rimpatriare l’imputato, che non viene riconosciuto dalle autorità diplomatiche del suo paese. Il giudice ha convalidato l’arresto e ha imposto all’imputato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’uomo è anche oggetto di attenzione da parte della Digos per “proselitismo islamico”.