L’inchiesta sulla contraffazione di tessuti griffati a Como ha sollevato sospetti sulla presenza della ‘ndrangheta nella città. Sebbene non siano state trovate prove concrete di coinvolgimento, intercettazioni telefoniche hanno rivelato l’interesse di una potente famiglia della ‘ndrangheta nel commercio illegale di tessuti falsi. Nonostante l’indagine sia stata chiusa con l’accusa di associazione a delinquere, gli investigatori hanno intercettato una conversazione in cui Alessandro Saudella, presunto burattinaio dell’associazione, parla di una famiglia calabrese che gestiva il passaggio di tessuti contraffatti a Como. Gli inquirenti hanno cercato di seguire questa traccia, ma senza successo. Le ipotesi sono due: o Saudella ha inventato informazioni, pur facendo riferimento a una specifica famiglia di ‘ndrangheta, oppure il giro di contraffazione segue canali diversi che non sono stati scoperti dagli investigatori. Nonostante ciò, l’intercettazione e altri elementi raccolti all’inizio dell’indagine hanno spinto la Procura antimafia a iniziare un’indagine. Tuttavia, l’indagine si è conclusa senza trovare legami con la criminalità organizzata. La maggior parte delle persone coinvolte è risultata essere incensurata e molte di loro si trovano per la prima volta coinvolte in un procedimento penale. Non sono emersi elementi che coinvolgessero le aziende tessili comasche, ad eccezione della ditta di confezioni 2C di Cappelletti Marzio e C., i cui 26 indagati sono stati identificati durante una perquisizione. Anche le aziende Tessitura Scotti e Achille Pinto, che lavorano con marchi di fama mondiale, sono risultate estranee al giro di contraffazione. Si stima che il giro movimentasse un milione di euro all’anno.

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