Quattro ore e mezzo di interrogatorio per il vigile del fuoco di Carate Brianza, Enrico Vergani, che si trova in carcere dal periodo precedente Natale. L’uomo ha richiesto di essere ascoltato dagli inquirenti e, secondo i suoi avvocati, avrebbe “chiarito la sua posizione” durante l’interrogatorio. Non è da escludere che, in un confronto così lungo (richiesto dagli stessi difensori al PM), il 57enne responsabile dell’ufficio acquisti del comando provinciale dei vigili del fuoco di Monza abbia ammesso sostanzialmente le accuse di corruzione a suo carico. La Procura mantiene il segreto istruttorio.

Vergani è ancora detenuto, ma i suoi legali potrebbero chiedere un allentamento delle misure cautelari nei prossimi giorni. Invece, la moglie del vigile del fuoco, Mariangela Braggiato, resta agli arresti domiciliari. A dicembre, le quattro persone coinvolte nell’inchiesta hanno ricevuto ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice monzese Andrea Giudici. Tra loro c’è anche l’imprenditore Sergio Fortini, titolare di un’azienda specializzata nelle riparazioni dei veicoli dei vigili del fuoco, attualmente ai domiciliari, e Martino Longoni, un gommista di Giussano, che è stato successivamente rilasciato (difeso dall’avvocato Ivan Colciago). Le presunte pratiche illecite oggetto dell’inchiesta riguardano i contratti per la manutenzione e le forniture per il parco mezzi dei vigili del fuoco.

Vergani aveva il potere di assegnare direttamente appalti di valore inferiore alla “soglia comunitaria” e di acquistare materiali. I quattro indagati sono stati accusati di vari reati, tra cui induzione indebita a dare o promettere utilità, peculato, corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio, frode nelle forniture pubbliche, riciclaggio e truffa, commessi tra luglio 2021 e marzo 2023.

L’inchiesta è nata dalla denuncia di un imprenditore di Desio, proprietario di una ferramenta, che ha riferito ai carabinieri di aver ricevuto una richiesta di tangente di 6.000 euro da parte del vigile del fuoco per garantire la fornitura di alcuni materiali. Secondo le accuse, il pubblico ufficiale di Carate Brianza avrebbe abusato del suo ruolo e delle sue mansioni per trarre profitto da appalti relativi all’acquisizione di beni e servizi per conto del corpo a cui appartiene, ricevendo “compensi per agevolare fornitori compiacenti”.

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