Il mistero sulla morte di Mauro Pamiro, il professore di informatica di 44 anni dell’istituto Galilei di Crema, è stato finalmente risolto dal giudice. Accogliendo la seconda richiesta di archiviazione presentata dal pm, il giudice ha chiuso definitivamente il caso. Di conseguenza, è stata esclusa l’ipotesi di omicidio nei confronti di Debora Stella, moglie della vittima, che era stata indagata come atto dovuto. La donna era difesa dall’avvocato Mario Palmieri.

I genitori di Mauro Pamiro, Franco e Marisa, assistiti dagli avvocati Antonino Andronico e Gian Luigi Tizzoni, sono sempre stati convinti che il figlio sia stato ucciso e poi trasportato nel cantiere dove è stato trovato. Tuttavia, le nuove indagini richieste dalla famiglia non hanno portato alla luce elementi nuovi.

Nel video acquisito agli atti, Mauro, ripreso da una telecamera alle 2 del mattino del 28 giugno, appare solo, scalzo e senza telefono, mentre lascia via Biondini, dove abitava, e si dirige verso il cantiere in via Don Primo Mazzolari. Secondo il pm Davide Rocco e la polizia, si sarebbe arrampicato sull’impalcatura e poi sarebbe caduto. Quindi, si tratta o di suicidio o di incidente. Per il giudice, l’ipotesi di incidente è la più plausibile.

“Le alterazioni psicofisiche legate all’assunzione regolare di cannabis nelle ultime sei mesi di vita di Pamiro”, si legge nelle 13 pagine del decreto di archiviazione, “fanno ipotizzare che nel caso in questione ci possa essere stato un errore di valutazione da parte di Pamiro, piuttosto che un’intenzione suicida. Salendo sul tetto del cantiere (ipotesi non incompatibile con la malattia di cui soffriva Pamiro, che era lieve e asintomatica), potrebbe aver deciso di saltare valutando in modo errato l’altezza dell’edificio”.

Per quanto riguarda la caduta, tra le varie ipotesi analizzate, il giudice afferma che “l’unica spiegazione è che Pamiro, dopo una breve rincorsa, abbia effettuato un salto dal tetto del cantiere edile. In tutte e tre le prove di salto simulate, la posizione del manichino rispetto al muro di cinta e al ponteggio è risultata compatibile con quella in cui è stato ritrovato il cadavere. Le differenze di posizione e postura sono dovute all’incertezza sulla direzione della rincorsa, sulla velocità di stacco e sul movimento degli arti durante il volo libero”.

Il giudice ritiene “compatibile” la ferita trovata nella regione frontale con un impatto contro una superficie ruvida, come ad esempio un frammento di tegola parzialmente macchiato di sangue, sul quale è stato trovato solo il profilo genetico di Pamiro. L’ipotesi che la stessa tegola possa essere stata impugnata da terzi per causare la lesione sulla fronte di Pamiro è stata smentita, in quanto non sono state trovate impronte digitali utili per un confronto.

Un anno fa, durante le verifiche sulla macchina e nella casa del professore e della moglie Debora, non è stato trovato nulla. L’esame del Luminol ha dato esito negativo, non sono state trovate tracce di sangue o altri materiali biologici riconducibili alla vittima nella casa di via Biondini e sulla Citroen C3 grigia della coppia.

“L’atto”, ha dichiarato l’avvocato Palmieri, “pone fine a una ingiusta persecuzione subita dalla signora Stella in questi tre anni. Ringrazio la Procura di Cremona e il giudice per aver gestito l’intero procedimento con grande scrupolo e professionalità”.

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